Pubblicato il 18/06/2018 03:26:55
Il dipinto di Giacomo Leopardi, tratto dalla maschera mortuaria del poeta, è del pittore Domenico Morelli ed è quello più vicino all'aspetto reale del poeta negli ultimi anni della sua vita. Ti odiai per “L'infinito”, quei versi che piegarono l'estate e il dubbio d'una bocciatura. Odioso quel maestro, odiosi i versi ch'oggi apprezzo e che declamo sovente, con te or mi confondo su quel colle a te m'unisce questa randagia sorte ed il peregrinare solitario. Dove, dov'è, la vita? Come radice d'una ginestra morta che dal fuoco risorge e i butti getta di fiori gialli colora la collina dove la brace ancora fumo esala. Vita noi siamo, esuli e romiti, vita noi produciamo nel silenzio versi sublimi che come vino nel tino fermentano silenti gioia ci danno poi attraverso il tempo, che in noi non muore, e se il sole scioglie la brina una rosa rossa dalla patina opaca poi compare. Oppressi fummo, la nostra vita compressa al conformismo piegata come arbusto lungo il colle poi che la lava incandescente spiana, la nostra vita di nuova vita esulta e il tempo, e il fato, nulla potrà usurare. Come radice, al fuoco preservata, rinascerà sulle nudi pendici, il verde cancellerà le ceneri nerastre e nuove fioriture, ed api e insetti ancora voleranno tra quei fiori, feconderanno quel che credi estinto nuova vita germoglierà dov'era morte, anche se dura e amara ancor sarà la sorte. Oh, pellegrino, che all'avello indugi, non leggere il mio nome ma il pensiero scava dentro quell'ossa frantumate, in quel teschio senza volto e senza vista, quell'anima ricerca ch'è fuggita che solitaria vaga e al sol distende versi che volteggiano agli alisei costanti come bianche farfalle, solo parole disperdono che nessuno coglie parole che chi vuol senso raccoglie. Salvatore Armando Santoro
(Boccheggiano 29.11.2017 – 18,09)
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