EPIC OF ISRAEL
The war song rises
of a soldier ...
On the esplanade of the mosques
the thrown stones hiss.
It does not stop in the air
the Intifada,
the throng takes your breath away
among the blacks דשק dashek,
raven wings,
between moans and blood.
He mourns Israel,
she is alone in her tears:
dragons parade,
the unicorn was lost in flight.
It is mixed with sadness
each face ... As one
silent mask advances
the hell.
But inside the soul, you don't play,
only desolate songs rise,
screams and shouts
on the esplanade of the children of Israel,
on the plain that binds the peoples
forged by destiny:
Jews, Muslims, Christians,
stripped of age-old roots,
tired of blood.
Did God want this?
This slaughter of human bones,
of rituals, of merciless executioners?
This God wanted
who hid her face in the sky
and he disappeared forever
from the earth?
In the name of God
how many brutalities!
How many evils!
But who invented it
this cruel God?
Who sacrificed lambs
for such a demon?
What cowardice! The man,
in the name of a God never seen,
kills another man,
that he touches with his hand
and he commits suicide in the mud from which
was generated,
little clay man!
The singing gets louder,
tightens a lump in the throat,
shouts a hoopoe,
the night is near.
Wake up, O man!
Wake up and march,
don't stop.
In the name of who, of what
you've killed?
I mock fate
who chose you as ruler,
the experiment of a God
possessed who forged you.
He kneaded your limbs with mud,
but of your animal nature
did not forgive the memory,
did not correct the grip
venomous snake.
Wake up, O man!
Walk the path of the soul
that you have lost in the meanders
of time, of the soul conquered by fire
of hell, you who from the underworld
every day you go up
to bring weeds to the earth.
Drink the bitter cup,
now that you have the knowledge,
emerge from the bottom pit
and purify your limbs,
now that you know!
S’alza il canto di guerra
d’un soldato…
Sulla spianata delle moschee
sibilano le pietre lanciate.
Non s’arresta nell’aria
l’Intifada,
toglie il fiato la calca
tra i neri דשק dashek,
ali di corvo,
tra gemiti e sangue.
Piange Israele,
è sola nel suo pianto:
sfilano draghi,
si è perso in volo l’unicorno.
Di mestizia è impastato
ogni volto… Come un’unica
maschera silente avanza
l’Inferno.
Ma dentro l’anima non suoni,
solo canti desolati si levano,
urla e strepiti
sulla spianata dei figli d’Israele,
sulla spianata che lega i popoli
dal destino forgiati:
ebrei, musulmani, cristiani,
spogli delle radici secolari,
stanchi di sangue.
Voleva questo, Dio?
Questo macello d’ossa umane,
di rituali, di carnefici spietati?
Voleva questo quel Dio
che la faccia nascose nel cielo
e scomparve per sempre
dalla Terra?
In nome di Dio
quante efferatezze!
Quanti mali!
Ma chi ha inventato
questo Dio crudele?
Chi ha sacrificato agnelli
per un tal demone?
Che viltà! L’uomo,
in nome di un Dio mai visto,
uccide un altro uomo,
che tocca con mano
e si suicida nel fango da cui
è stato generato,
piccolo uomo d’argilla!
Il canto si fa più forte,
stringe un nodo alla gola,
grida un’upupa,
la notte è vicina.
Svegliati, o uomo!
Svegliati e marcia,
non t’arrestare.
In nome di chi, di cosa
hai ucciso?
Beffardo il fato
che a dominatore t’elesse,
esperimento d’un dio
invasato che ti forgiò.
Impastò di fango le tue membra,
ma della tua natura animale
non perdonò la memoria,
non corresse la morsa
velenosa del serpente.
Svegliati, o uomo!
Percorri il sentiero dell’anima
che hai perso nei meandri
del tempo, dell’anima vinta dal fuoco
dell’inferno, tu che dagli inferi
ogni giorno risali
a portar zizzania sulla terra.
Bevi il calice amaro,
ora che hai la conoscenza,
riemergi dal pozzo fondo
e purifica le tue membra,
ora che sai!
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