Pubblicato il 17/11/2019 14:18:26
INGANNO
-Franco, mi sono occupata di tuo padre per la relazione che aveva con noi. Mio marito si è sempre sentito onorato dell’amicizia con il pittore. Adesso però non posso fare altrettanto per la signora Margherita. Ho le nipotine da curare e i miei mali da settantenne. Lina mi ha liquidato e non posso darle torto. Ha speso tante energie per accudire mio padre immobilizzato nel letto con le piaghe da decubito. Tante che mi sono persino vergognato di sottoporre una donna non più giovane a quella fatica. Mia madre è una novantenne: è stata operata alle anche, vede male, mangia poco e ha bisogno di assistenza. Io devo assolutamente trovare qualcuno che mi aiuti e così mi rivolgo a una mia cugina di secondo grado. So che necessita sempre di denaro per mantenere il figlio disoccupato. Le telefono. E’ d’accordo. -Quanto vuoi al mese? -Fai tu. -Settecento vanno bene? -Vanno bene. Mi pare una cifra ragionevole, dato anche il rapporto di parentela. Lei non obietta. Del resto, non sarà impegnata dalla mattina alla sera: basteranno alcune ore al giorno per l’essenziale. Viene a casa nostra. Le do le chiavi e le spiego un po’ l’andamento delle cose. Spero di ricevere sostegno consegnandole la situazione. Sono completamente assorbito dall’ospedale. All’inizio pare che tutto proceda bene. Irma dimostra un occhio attento alle esigenze di un’anziana signora e all’ordine della casa. Mia madre, però, sembra avvilita e invecchiata di dieci anni. -Abbi pazienza! Non so a chi altri rivolgermi. Lei capisce e annuisce. Un giorno, dopo essere tornato dal lavoro, mi siedo a tavola per pranzare. Il mio sguardo cade sul ripiano della credenza: noto che manca il ceppo con i coltelli un tempo affilati , acquistato da mio padre in una fiera. -Mamma, e i coltelli? Lei guarda nel vuoto. -E’ venuto qualcuno oggi? -Sì, dei signori. Riferisco a Irma. -Eh sì, eh sì! Lei apre a tutti. Glielo dico sempre io: zia non aprire, zia non aprire. Sono infastidito. Mi pare strano. Mia madre non ha mai aperto l'uscio a qualcuno con leggerezza. Non so che fare. Non ho né tempo né voglia per indagare. Alla fine chissenefrega di un vecchio ceppo con dei coltelli che magari non si usano. Lascio perdere. Più avanti sparisce del cibo dal frigorifero. Salami, fette di parmigiano. Penso che mia madre faccia delle elemosine agli stranieri che gironzolano nei pressi, passando gli alimenti dalla finestra. Irma continua con il solito ritornello: “Glielo dico sempre: zia non aprire, zia non aprire!”. Sono stupito. Mia madre è anziana, ma è sempre stata lucida. Non mi aspettavo un offuscamento così rapido delle facoltà mentali. Penso a un declino improvviso e sono preoccupato. Mi metto a conversare con lei. Trovo che è la stessa: perde qualche colpo ma non mi pare grave. Sono oppresso dall’impegno ospedaliero. I colleghi, andati in pensione, non sono stati rimpiazzati. I turni più frequenti, aumentate le ore di reperibilità. Trovo insopportabile la burocrazia on line, in particolare per le cartelle di dimissione. Un giorno, dopo un pasto scarso preparato da Irma che ha manifestato premura di rincasare, raggiungo il soggiorno, mi siedo sul divano per accendere una sigaretta. Butto l’occhio alla parete laterale e noto che manca un quadro di mio padre. Mi viene un colpo. Vado istintivamente nello studio: mi accorgo che è sparito “Il comizio e le bandiere rosse”. Mia madre è seduta davanti al televisore. Le comunico la cosa. Mi guarda stupefatta. Telefono a Irma e dico che ho urgente bisogno di vederla. Lei arriva quella sera stessa. Le chiedo spiegazioni. Dice che è mia madre che apre agli estranei, mentre lei le ha sempre raccomandato di tenere la porta chiusa. Probabilmente avranno approfittato dell’occasione. Sbotto: -Tu mi prendi per fesso! Mia madre è sempre stata ossessionata dalla paura degli sconosciuti in casa e sono sicuro che non ha aperto a nessuno! Dimmi invece dove li hai messi. Irma farfuglia, impallidisce e arrossisce. Nega. Io la metto alle strette. S’impaurisce. Confessa di averli venduti. A chi? Uno a un corniciaio, l’altro al Patronato CGIL. Non posso crederci. Sono furente. -Non azzardarti a mettere più piede in questa casa – le grido- e ringrazia se non ti denuncio in rispetto alla memoria di tuo padre! Mi lancia un’occhiata che si perde nel vuoto. Rivedo lo sguardo perso di suo figlio che ha avuto problemi con la giustizia. Provo un filo di pena. Lei ha già sceso le scale d’accesso alla casa e raggiunto la macchina. Apre la portiera, ma prima di salire si rivolge verso di me e dice: – Se cambi idea, puoi telefonarmi-, come se non fosse così grave quello che ha fatto. Io le giro le spalle e chiudo la porta. Recupererò i quadri anche a costo di comprarli. Non sopporto che siano stati svenduti contro la mia volontà da una che credevo fidata. E mi occorrerà del tempo per digerire l’inganno.
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