Saliva a me e scendeva di classe, come in un tango rampicante di cosce, che appunto si tromba all'impiedi, nel monolocale acustico delle scale, Piazzolla di porcheggio con la radiolina accesa. C'era stata prima la morte, piovuta sbatacchiando sui mancorrenti, per causa dello stretto e del tuffo di testa colle braccia a elica e gli stinchi a timone, dolore di donna che è rosa, si immagina un umore colloso che scia giù come fumo, motore in fiamme, i rumori sordi della pietra e quelli vibranti del ferro, batteria nemica che contrasta.
Intanto nel presente fruscia la tulle, elastico e molle il movimento, l'idea del sangue sul pavimento, la spirale del cielo, che era stata vergine di calce bianca, in un ricordo bambino con le mucose curiose di odori, che spegnevano il moccolo.
“Aspetta...” un ritardo contrastato, come ostacolo alla libera discesa, non si vuole ancora andare sino in fondo, a trovare i segni nella carne e nelle ossa, era giusto là che scomposta era atterrata l'intenzione, il pesante della materia era stato coperto dal lieve degli ultimi pensieri, silenzioso di grida mai pronunciate, a chiudere il paradiso di un ultimo mai invocato pentimento.
Lei scendeva a me e saliva l'elica delle scale con lo sguardo, poteva ora perdersi, prendere il sesso che veniva, addomesticato dai lacci del reggipetto, aspettando la morte cadere, era di riflesso sui vetri dei lucernari la sua morte, il credo della resurrezione, umida di umori, lo schiaffo della vita e il grido di salvezza, avrebbe potuto ripetere l'atto e sprofondare il pavimento per trovare il demone che gli parlava al ventre, sentire le vibrazioni dal basso, nervi animali pizzicati dalle dita, ancora si allunga il tempo e cade, io sono lo strumento, mosso per dare il tempo, non muoio ma mi consumo di usura sfregando le pelli nel ruvido, mi sgretolo nel vibrare comune, che per lei è tonico, nel riflesso dei lucernari, sono il cattivo pensiero, sono la colpa, innocente come una astrazione o come il tubo di un mancorrente, sono le qualità che si danno alle prime impressioni, vere ma sempre differenti.
Lei e io siamo ora nel freddo del marmo, a sciogliere quello che rimane, cercando di redimere la morte e i suoi demoni, dandogli un nome e un volto.
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