Quelle ruvide carezze che mi hai dato
ancora nonno mio non le ho scordate
quelle mani pesanti che han zappato
sulla mia pelle si sono appiccicate.
E valgono un tesoro e le ricordo
nel cuore anche scolpita ho la tua voce
pane raffermo questa sera mordo,
come facevi tu, con qualche noce.
Odora questa stanza di campagna,
solo a pensare a te penso al tabacco,
anche un umor di brina m'accompagna
e vedo te quand'eri stanco e fiacco.
E ti sedevi fuori dalla porta
come in poltrona su un consunto tufo
e ripetevi: ”In fondo non m'importa
ma a far questo lavoro sono stufo”.
“Anche se qui son re ce l'ho un padrone
pensi di poter tutti comandare,
ma lo stato ti tassa, è un gran ladrone,
e col maltempo i conti devi fare”.
“Spesso non piove e l'acqua è necessaria
se Dio non ce la manda ho secco in gola,
le galline si ammalano di aviaria
e i conti tocca far con la tignola”.
Nel suo gilè prendeva una cartina
le foglie di tabacco accartocciava
e sospirava: “benedetta brina”!
Poi un pòspuro* nel muro strofinava.
Salvatore Armando Santoro
(Boccheggiano 6.1.2018 – 23,14)
* Pòspuro (da fosforo = vecchi fiammiferi di legno in dialetto salentino).
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