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Non solo cyber

Argomento: Società

Articolo di Vincenzo Susca 

Proposta di Loredana Savelli »

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Pubblicato il 17/05/2008

Il confine tra desiderio e dipendenza manifesta in Rete una porosità sempre più acuta. Gli strumenti tecnologici a nostra disposizione agevolano ed accelerano le nostre comunicazioni - i nostri contatti - in maniera tanto comoda quanto vertiginosa, ebbra, sino ad impedirci di uscire dal sistema, spegnere il computer, non controllare la posta elettronica.
E' come se interrompere la nostra connessione corrispondesse ad amputare la nostra esistenza, facendoci sprofondare negli abissi primordiali della solitudine. Una condizione che favorisce la libertà, l'astrazione e il pensiero critico, ma che nello stesso tempo induce angoscia e inquietudine, il timore di essere fuori e il dovere di sbrigare autonomamente azioni che ormai realizziamo in modo connettivo e collaborativo. Siete anche voi colti da un malore psicologico quando la connessione si interrompe? Controllate i vostri messaggi in modo compulsivo e sproporzionato? Nutrite un sentimento sospeso tra l'attrazione fatale e la rigida riluttanza nei confronti dei nuovi palmari? Non riuscite più a leggere tre ore consecutive senza posare il vostro sguardo sugli schermi che vi circondano? Siamo tutti divenendo vittime e carnefici, soggetti o oggetti, di una trance collettiva che ci conduce all'esplosione della nostra soggettività verso qualcosa di più grande, dai contorni contemporaneamente luccicanti e oscuri. In questo scenario bramiamo e temiamo la connessione allo stesso modo, ben sapendo che nel ventre della rete siamo agiti quanto agiamo, veniamo posseduti dalle cose che crediamo di possedere. Così la perdita e l'arricchimento del sé si corrispondono in modo virtuoso e vizioso. Williams Gibson descriveva a tal proposito per primo il cyberspazio come uno stato paradossale di "allucinazione consensuale". Spegnere le macchine non serve a niente perchè questo è ormai il mondo che abitiamo e al quale siamo già in larga parte e inconsciamente abituati. Resta da capire se l'uomo possa fare a meno della solitudine e dell'indipendenza, o piuttosto come questi stati si attualizzino e riconfigurino nelle nostre vite elettroniche.


vincenzo.susca@ceaq-sorbonne.org

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