Pubblicato il 15/05/2008
S’ergono forti rossi cardi mariani lassù sul monte.
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Qualcosa sul cardo.
Il cardo mariano è anche detto “cardo della Madonna”. Infatti, una leggenda narra che le macchie bianche lungo le nervature delle foglie siano state gocce di latte cadute dal seno di Maria per nutrire Gesù durante la fuga per salvarlo dalle mani distruttrici di Erode. E quelle spine, forse, sono l’ultima ingiuria all’Uomo, il Gesù adulto, il Cristo crocefisso. Dalla sofferenza nasce la speranza che alfine fiorisce nella salvezza, nella resurrezione. Forse in questo fiore, che s’erge dalla terra arida e rocciosa, possiamo leggere i punti più salienti del Vangelo, la Voce dell’Uomo. Ma anche dal punto di vista fitoterapico, il cardo ha la sua notevole rilevanza. Il “cardo santo” era ritenuto una vera panacea per lenire le emicranie. Di nuovo una leggenda lo vede protagonista, come una pianta portata dall’India nel XV secolo per guarire un imperatore dall’emicrania, un secolo dopo, un agronomo francese, Olivier de Serres, signore di Pradel, riteneva che i semi, nel vino bianco, aiutino la memoria, Shakespeare lo apprezzava come calmante per gli stati ansiosi. Il “cardo mariano”, a sua volta, è commestibile, sia in insalata sia cotto con altri ortaggi (foglie giovani, radici e capolini). Gli uccelli e il bestiame ne gradiscono i semi. Inoltre contiene principi attivi quali istamina, tiramina e silimarina, che lo rendono efficace per l’apparato cardio-vascolare e per la funzione epatica. C’è anche “il cardo dei lanaioli”, il cui nome scientifico “dipsacus fullonum” significa “lenire la sete ai lanaioli”, poichè una sua parte veniva adoperata per eliminare la borra superficiale della lana. Quest’ultimo sembra metafora di lavoro, attività artigianale, ripresa economica.
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