Pubblicato il 11/03/2008
Un libro le cui poesie sono brevi, la più lunga ha quattordici versi. Bogani scava nella materia composta da parole, cesella i versi fino ad ottenere una linfa che basta ad esprimere il contenuto. E' un ermetismo coinvolgente, i versi aprono spiragli di luce oltre l'immediatezza della descrizione. La raccolta è breve e si regge su di un dettato desertico e petroso, libero dalla verbosità. Il libro si apre e si chiude, ma lo riapriresti per leggerlo nuovamente, e forse è cosa da fare poiché si va più a fondo ancora, come a colmare quegli spazi vuoti della distrazione che ci si aspetta durante la lettura di un libro, ma che qui equivalgono a perdere una elevata percentuale di significati e significanti. Da segnalare la bellissima introduzione al libro scritta dall'autore: "Mi risulta difficile distinguere la ricerca di una giustizia sociale o il peresguimento d'un ideale, dalla ricerca d'un sorriso o dal perseguimento d'un amore: credo che siano lo stesso volto coerente, gli stessi occhi d'un identico irrinunciabile sogno". Quella di Bogani è la poetica dell'esistenza, dell'essenza, dell'oltre l'evidente, del non omologato: "Non abbiamo ritratti / né rifugi / né rapporti. // Ma il mio calore esiste / ed è fuori casta". Ed esprime bene la vita, un viaggio, una migrazione, un piacevole "vaso rotto dal vento": "Come la goccia / sospesa sulla cannella / e il suo futuro infrangersi / così questo viaggio / il vaso rotto dal vento".
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