Vi sono, talvolta, nelle famiglie, dei figli giunti inaspettati, quando la madre sta abbandonando il suo periodo fertile e gli altri figli sono già grandi. Anche Ethan è nato a quel punto della vita della sua famiglia in cui non lo si aspettava più, quasi un errore, ed è con questo nome, abbreviato in Erry che la sorella ed il di lei marito chiamano questo ragazzo, bellissimo quanto indomito. Ed è nella vita dei due che ad un certo punto Erry piomba in cerca di riparo, di tutela, forse di salvezza dalla droga alla quale non sa dire di no. La sorella ed il marito, Peter, hanno vite sicure, lei lavora per una rivista, lui è un gallerista quasi noto e quasi affermato. Ed è con gli occhi di Peter che l’autore ci accompagna nella vicenda, Peter sicuro di sé, un uomo che ha poche certezze nella vita, e queste certezze gli appaiono incrollabili, soprattutto per quanto riguarda la sua sessualità e la sua unione con la moglie, tranquilla e sicura verso la vecchiaia, che già si fa sentire mentre la giovinezza spavalda cede il posto ad una sommessa abitudine ad un corpo che si invecchia. Nella vita di Peter vi è spazio anche per due assenze, quella del bellissimo fratello maggiore Matthew, morto giovane, sembrerebbe di AIDS, lasciando uno strano vuoto nel cuore di Peter, e quella della unica figlia di Peter e Rebecca, Bea, che se ne è andata a vivere da sola per una strana avversione verso i genitori, soprattutto il padre, reo di non averla amata abbastanza. Quando Ethan/Erry giunge nella casa di Peter, sembra catalizzarne tutti i fantasmi; il ragazzo sembra incarnare tutti gli ideali dell’uomo: la bellezza pari a quella di un’opera d’arte, la vita del fratello, le fattezze della moglie giovane e la figura filiale capace di sovrapporsi a quella di Bea. La miscela riuscirà a mettere a dura prova le certezze di Peter il quale si trova in un istante sospeso in una sorta di limbo fra una inattesa libertà e gli altri legami e le responsabilità. Peter innamorato dell’arte e del bello, prova una attrazione per Erry che ci ricorda l’amore di Swann per Odette, amabile perché simile ai volti nei quadri amati dal collezionista, così il moderno gallerista mescola bellezza e amore, arte e vita reale. Dopo il volo pindarico Peter crede di riapprodare nel suo abituale contesto, ma qualcosa si è inesorabilmente modificato, quel che Peter credeva di vivere in modo esclusivo, fatto apposta per lui stava capitando, in modo parallelo ma assai diverso anche alla moglie. E nulla torna com’era prima.
Questa, per sommi capi, la trama di questo settimo romanzo del premio Pulitzer Cunningham, grande talento della letteratura a stelle e strisce, che anche in Al limite della notte dà grande prova di bravura e di estro narrativo. La prima forte sensazione che il lettore prova entrando in questo romanzo è l’atmosfera fortemente newyorkese che permea tutto il libro. Sarà che il mondo delle gallerie d’arte e delle avanguardie è spesso, in questi anni, visto come aspetto peculiare della grande mela, ma anche tanti piccoli vezzi quali prepararsi un cocktail in casa prima di ordinare la cena da un take away, sono tasselli di cultura tipicamente di New York. Sembra di vedere i due protagonisti che bevono da una coppa martini nel loro salotto ritratti in una delle celebri vignette del New Yorker. Anche la descrizione dell’appartamento, degli abiti, insomma tutto contribuisce a rafforzare l’idea che i fatti possono svolgersi esclusivamente a New York. Questo per l’atmosfera generale, la scrittura, la costruzione delle frasi, invece rivela una eleganza notevole, frasi assumono per magia tinte mauve, o sfumano verso l’indaco, tutto grazie alla magia della penna di Cunningham. Il libro è da leggere due volte, la prima per capire l’architettura dell’opera, per capirne appieno gli intrecci della trama e i risvolti del non detto in contrapposizione con quanto affermato, la seconda volta per assaporarne le frasi, gustarle con piacere, lasciarsi inebriare dall’eleganza delle metafore, o delle immagini, colpiti dal perfetto incastro dei flashback, o dal preciso ticchettare delle parti di riflessione o intimiste.
E immersa nella bellezza della costruzione di questo romanzo vi è l’anima vera del libro, quella incertezza che serpeggia nella vita di chiunque, quel senso di precarietà che resta acquattato nell’ombra e poi ci si svela improvviso coi suoi denti aguzzi ad azzannare quel che ci si è costruito, con fatica, impegno, ma anche nascondendo a noi stessi ciò che siamo realmente, mentendo su quel che si ama per poter amare ciò che si desidera o ci conviene. Lo sguardo di Michael Cunningham è preciso, dolce ma inesorabile nel mettere a nudo le vite, nello squarciare il velo posto davanti le ipocrisie della società. La morte, nei romanzi di questo autore, è spesso in agguato, in questo caso è antecedente alla narrazione, ma vi è un altro tipo di morte, quello dell’assenza, della lontananza, e poi vi è una sorte di morte catartica, volta ad una resurrezione di un novello sé, modificato nell’intimo, spogliato del pregiudizio e mostrato al mondo con le sue debolezze e con le sue ferite. Quel che l’autore pare volerci insinuare nella mente è che le cose non sono esattamente come ce le aspettiamo, o abbiamo programmato che siano, ma neanche come paventiamo possano essere, semplicemente ci giungono addosso, e laddove pensiamo di essere più forti colgono le nostre debolezze.
Al limite della notte è un romanzo davvero bello, forte di una salda contemporaneità, vi si trova tutto quel che c’è di attuale, compresa la crisi economica, ma è ricco anche di quei valori – o disvalori – che sono immutati nel tempo, l’amore familiare, l’illusione di essere eternamente giovani, l’inganno e lo sfruttare i sentimenti a proprio vantaggio. In particolare Erry e Peter sono figure emblematiche di puer e senex che giungono a sovrapporre i loro ruoli, ottenendo esclusivamente l’intorbidirsi delle loro, seppur discutibili, purezze. Ed è forse proprio la purezza a venir violata nella nostra società contemporanea, ultimo baluardo che ci proteggeva da una deriva morale, è stata barattata per coprire un miserabile misfatto, e questa è forse una delle chiavi di questo romanzo, che non mancherà di parlare una lingua diversa a ciascun lettore, interpretando quelli che sono i suoi sogni più riposti o i sogni meglio celati.