Incamminarci
di Antonio Porta
Al giro di boa ancora fiammeggiano le querce,
celebriamo il passaggio dell’anno, del fuoco
quello appena nato non può temere il gelo
tutte le foglie lo trattengono nel calore
fin che possa liberare le ali piumate
ruotare sopra di noi che dormiamo, incamminarci.
L’anno nuovo
di Gianni Rodari
Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno.
Fine d’anno
di Jorge Luis Borges
Né la minuzia simbolica
di sostituire un tre con un due
né quella metafora inutile
che convoca un attimo che muore e un altro che sorge
né il compimento di un processo astronomico
sconcertano e scavano
l’altopiano di questa notte
e ci obbligano ad attendere
i dodici e irreparabili rintocchi.
La causa vera
è il sospetto generale e confuso
dell’enigma del Tempo;
è lo stupore davanti al miracolo
che malgrado gli infiniti azzardi,
che malgrado siamo
le gocce del fiume di Eraclito,
perduri qualcosa in noi:
immobile.
[Borges tutte le opere, I Meridiani Mondadori, a cura di Domenico Porzio]
Prontuario per il brindisi di Capodanno
di Erri De Luca
Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.
Capo d’Anno
di Vittorio Sereni
Aggiorna sul nevaio.
Ad altro dosso di monte
un ignoto paese
mormorando mi va primavera
dalle sue rosse fontane,
da rivi scaturiti a giorno chiaro;
dove uscirono donne sulla neve
e ora cantano al sole.
Fine del ’68
di Eugenio Montale
Ho contemplato dalla luna, o quasi,
il modesto pianeta che contiene
filosofia, teologia, politica,
pornografia, letteratura, scienze
palesi o arcane. Dentro c’è anche l’uomo,
ed io tra questi. E tutto è molto strano.
Tra poche ore sarà notte e l’anno
finirà tra esplosioni di spumanti
e di petardi. Forse di bombe o peggio,
ma non qui dove sto. Se uno muore
non importa a nessuno purché sia
sconosciuto e lontano.
Il primo gennaio
di Eugenio Montale
So che si può vivere
non esistendo,
emersi da una quinta, da un fondale,
da un fuori che non c’è se mai nessuno
l’ha veduto.
So che si può esistere
non vivendo,
con radici strappate da ogni vento
se anche non muove foglia e non un soffio increspa
l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone.
So che non c’è magia
di filtro o d’infusione
che possano spiegare come di te s’azzuffino
dita e capelli, come il tuo riso esploda
nel suo ringraziamento
al minuscolo dio a cui ti affidi,
d’ora in ora diverso, e ne diffidi.
So che mai ti sei posta
il come – il dove – il perché,
pigramente rassegnata al non importa,
al non so quando o quanto, assorta in un oscuro
germinale di larve e arborescenze.
So che quello che afferri,
oggetto o mano, penna o portacenere,
brucia e non se n’accorge,
né te n’avvedi tu animale innocente
inconsapevole
di essere un perno e uno sfacelo, un’ombra
e una sostanza, un raggio che si oscura.
So che si può vivere
nel fuochetto di paglia dell’emulazione
senza che dalla tua fronte dispaia il segno timbrato
da Chi volle tu fossi…e se ne pentì.
Ora,
uscita sul terrazzo, annaffi i fiori, scuoti
lo scheletro dell’albero di Natale,
ti accompagna in sordina il mangianastri,
torni indietro, allo specchio ti dispiaci,
ti getti a terra, con lo straccio scrosti
dal pavimento le orme degli intrusi.
Erano tanti e il più impresentabile
di tutti perché gli altri almeno parlano,
io, a bocca chiusa.
Nulla due volte
di Wisława Szymborska
Nulla due volte accade
Né accadrà. Per tal ragione
Nasciamo senza esperienza,
moriamo senza assuefazione.
Anche agli alunni più ottusi
Della scuola del pianeta
Di ripeter non è dato
Le stagioni del passato.
Non c’è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.
Ieri, quando il tuo nome
Qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.
Oggi che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? Ma cos’è?
Forse pietra, o forse fiore?
Perché tu, ora malvagia,
dài paura e incertezza?
Ci sei – perciò devi passare.
Passerai – e in ciò sta la bellezza.
Cercheremo un’armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.
[Opere, Adelphi, a cura di Pietro Marchesani]
Al mondo
di Andrea Zanzotto
Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.
Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire
il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu « santo » e « santificato »
un po' più in là, da lato, da lato.
Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa’ buonamente un po';
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.
Su, münchhausen.
La gioia avvenire
di Franco Fortini
Potrebbe essere un fiume grandissimo
Una cavalcata di scalpiti un tumulto un furore
Una rabbia strappata uno stelo sbranato
Un urlo altissimo.
Ma anche una minuscola erba per i ritorni
Il crollo d’una pigna nella fiamma
Una mano che sfiora al paesaggio
O l’indecisione fissando senza vedere.
Qualcosa comunque che non possiamo perdere
Anche se ogni altra cosa è perduta
E che perpetuamente celebreremo
Perché ogni cosa nasce da quella soltanto.
Ma prima di giungervi
Prima la miseria profonda come la lebbra
E le maledizioni imbrogliate e la vera morte.
Tu che credi dimenticare vanitoso
O mascherato di rivoluzione
La scuola della gioia è piena di pianto e sangue
Ma anche di eternità
E dalle bocche sparite dei santi
Come le siepi del marzo brillano le verità.
1 gennaio
di Giovanni Stefano Savino
I
Non è la prima resa dei conti il ritorno
al primo in calendario, ma una rete
vuota di pesci, che viene tirata
in alto. Uomini e donne chiamati
per nome con amore e con rabbiosa
voglia di distruzione, anche dell’ombra
che accorciata o allungata li segue,
non vedo che in album malridotti,
in foto conservate. La memoria
delusa gioca spesso brutti tiri
riduce o aumenta, fa giovane il vecchio,
gli rende il rosa della pelle, il biondo
del capello, gli aggiunge lo stupore
di essere colto al nulla della fine
II
E nulla cambia anche se cambia il giorno
e l’anno; San Silvestro nell’agenda
è solo una illusione, coi petardi
che scoppiano a intervalli, con la sera
che tinge l’aria di grigio e riporta,
senza il soffitto stellato, la notte,
col tocco così piano della pendola,
che sembra una carezza di bambino
al volto o alla mano della madre,
frufrù di seta su un tappeto turco,
e riconduce rimasta per strada
la mezzanotte nella casa cieca;
e in pubblico e in privato non ha ascolto
la voce forte sulle unite rive.
*
di Mariella Bettarini
la vita è questa che se ne va
a soffi, che persino un vecchio a 80 anni
dice che gli sembra di essere stato a scuola
ieri.
Che resta?
Sublimazione zucca lessa – naturamore dentro la testa
la finta la facciata la mascella di ferro che sorride
– tutto attraverso i vetri
con uno sfondo di rumore di bar
con tazzine bicchieri rotolare di bocce.
Saluto e augurio
di Mariella Bettarini
No: non occorre
niente
né abbiamo bisogno
del ragazzo che difende
conserva prega.
Ciò che va avanti
si difende
ciò che vive
si conserva.
Non occorre
niente: né vittima
né carnefice
né pazzo
né savio.
La rima
è rotta per sempre
in fondo alla mia gola
di figlio che invecchia.
*
di Mariella Bettarini
ma il futuro è
s/bucato
la asimmetria
rimane
il vagare conduco
sino a una porta
che serrata permane
dunque la libera abitabile
parvenza è una pieve/campagna
una verde (rotabile)
impazienza
La felicità
di Mariella Bettarini
I
attendo passi – sassolini – ossa –
fruscii – silenzi – scricchiolii – la fossa
delle beltà – attendo amore
dalla molle mossa
è proprio questa la felicità?
II
oh gioia gioia! gioiosità
s/costante – puro gesto – puro gesto
di gioia quando si è pronti
a seguire l’amante
felicità in cui destino
si fa scelta (scelta si fa destino)
ma soprattutto in cui destino e scelta (incidenti)
coincidono (rosse montagne)
e gioia ben essere non è bensì essere cosapevoli –
sapere d’un malessere – è sapere
di sé – passione d’un sapere d’essere cosapevoli (di vita
o morte – vita e morte – che vita è morte)
sapere che si è talmente poveri – privi talmente
di povera gioia che è poi questo il giorno trionfante –
si fa poi questo il giorno lenitivo: come si è – dove si è
(e si muore di pura morte): questo chiàmasi gioia – chiàmasi
felicità: perché si ama – per chi si ama – perché perché
felicità viva – poi morta
perenne brama
883
di Emily Dickinson
Accendere una lampada e sparire –
questo fanno i poeti –
ma le scintille che hanno ravvivato –
se vivida è la luce
durano come i soli –
ogni età una lente
che dissemina
la loro circonferenza –
[Dickinson tutte le poesie, I Meridiani Mondadori, a cura di Marisa Bulgheroni]