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Cupressus

di Ketti Martino
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Pubblicato il 15/09/2017 15:18:13

Cupressus

Spogliami e fammi brezza in aridità di cibo,
gheriglio fradicio, maglio uncinato proteso
verso il cielo:

accolgo l’amplificazione di questo ventre
lo spasimo di chi per nascere
è stato partorito con dolore
e per morire ha soffiato i gemiti del mare.

Inutile cima a fermare il vento,
copro i papaveri con l’abbraccio corto
che tiene le fratture in gola. Mentre
la luna d’acqua s’alza, grigia piuma
a tenere il canto, nelle metamorfosi
di cento arbusti è il mio segreto
e nelle radici il raggio profanante
che buca la memoria.

Se i muri avessero anche un solo gesto,
direbbero che è silenzio obliquo
il pianto degli umani, oscillazione
di una giostra in un’ora qualunque
del meriggio.

Direbbero che è vita navigare nei dettagli
scivolare nell’ignoto. E marmo è il fuoco
che ci osserva offeso; polvere, il verde
che colora le mie vesti.

Vita è la pastura sciagurata della sera,
di fogliame e lacrime concime.

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