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da Del distacco e altre impermanenze, LVF. 2014

di Ketti Martino
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Pubblicato il 30/06/2017 23:59:39

Quale fosse la dea che mi portava al giorno,

non mi è dato sapere

ma ricordo il bianco dei tuoi occhi al cielo,

contro i palazzi. E le pupille

a fissare l’ultimo fermo-immagine.

 

*

 

Ai margini, dove tracciavo l’invisibile tragitto,

il vento ancora supera le idee.

In quella solitudine che non implora cibo,

per occupare meno spazio al mondo,

me ne sto col foglio bianco sulla soglia:

il naso, ricettacolo di sangue e abissi,

punge come scricchiolio di ossa.

Approdo al suolo, priva di memoria.

La vita vive in altri luoghi.

 

*

 

Quando di te avevo in me il risveglio

e nell’occaso le braccia forti,

potevo stare sulla terra senza precipitare,

a seminare, a cogliere tutte le stagioni.

           (Esisteva un tempo di perfezione e in quello vissi)

Ora che sei riflesso solo nell’autunno,

un dialogo contumace copre i giorni:

come essere inseguiti eppure fissi.


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