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Anelli di fumo

Narrativa

Ario Gnudi (Biografia)
Pendragon

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 24/05/2011 12:00:00

“L’adolescenza è come un anello di fumo, sorge di colpo, incerta ma bella, rifulge un istante sorridendo, poi lentamente si sfalda e svanisce nel nulla".

 

Vi erano, sino a qualche anno fa, inviti a cena da parte di amici per vedere insieme le fotografie delle vacanze appena trascorse, o portatrici di ricordi di infanzia; ora questa funzione è affidata quasi interamente ai cosiddetti social network, o, in altri casi, ad un libro, di ricordi e di istantanee. Ed è questa la funzione che Ario Gnudi affida al suo “Anelli di fumo”, chiarendo nel sottotitolo che si tratta de “La Bologna degli anni 60”, libro scandito dalle stagioni, quella invernale dello studio, e quella estiva dello svago o della riparazione alle mancanze nei giorni di scuola, negli anni dal 1958, in cui vediamo apparire l’autore quattordicenne sino all’estate 1968, e con essa la laurea. Quel che emerge dalla lettura è la vita di un ragazzo, desideroso di trovare il proprio posto nella società tra combriccole di amici, ricerca di una donna da amare e l’inserirsi nella società adulta e borghese, vista come ambita meta. Il giovane Gnudi appare, giustamente, ambizioso ma poco propenso all’impegno scolastico, aiutato nella sua carriera da colpi di fortuna e salvataggi dell’ultimo momento, l’adolescente Ario, sembra spesso preferire la vita vissuta a quella del duro lavoro sui libri di scuola e costretto vari anni a trascorrere estati di studio col rammarico di non potersi concedere svaghi sulle spiagge alla ricerca di una fanciulla da amare. Per ciascuna delle epoche attraversate dal nostro novello Holden vediamo scorrere sulle pagine le preferenze musicali con ampie descrizioni, o dei film del momento, alternate a descrizioni di primati sportivi, creando così una cornice mediatica che rappresenta il legame tra il privato ed il pubblico, tra la vita privata ed interiore del protagonista/narratore e quella pubblica contestualizzandola in un ambiente di cronaca che appare un po’ come quegli inserti che i rotocalchi pubblicano alla fine di ogni anno mettendo in risalto ciò che ha caratterizzato i 365 giorni appena trascorsi. Gnudi nel raccontarsi si toglie anche qualche “sassolino”, sembrerebbe, soprattutto nei confronti della ex moglie, ma senza indulgere troppo nello spiegare quel che sarebbe accaduto ai vari protagonisti negli anni a venire, descrivendoli praticamente sempre – e solo – nel periodo posto sotto la lente d’ingrandimento narrativa. Se Bologna e le sue strade sono perfettamente descritte, tanto che, a questo punto, se io che non conosco quella città vi venissi catapultato potrei percorrere tranquillamente il tragitto da casa Gnudi alla scuola o all’Università, ciò che di Bologna viene forse a mancare è un affresco più sociale e politico, la narrazione è ancorata alla vita di Ario e alla sua ristretta cerchia, ma secondo me, poco contestualizzata nella più ampia cerchia sociale di una grande città e di un periodo che tutto sommato poteva fornire ben più ampie analisi sociali. Anche il movimento del 68 è appena accennato in poche righe. Ma queste sono considerazioni personali rispetto ad un’opera che vuole essere principalmente intimista e strettamente biografica, nel senso di mostrare la crescita e la presa di posizione sociale del giovane Gnudi, nel suo cammino formativo e di affermazione di sé. Così seguiamo il bel giovane dagli occhi verdi tra osterie popolate da promesse del mondo della canzone, feste tra amici e le immancabili vacanze sulle spiagge romagnole in cerca di avventure sentimentali, in un susseguirsi di ricordi compiaciuti e momenti di nostalgia. Il libro scorre placido con il suo linguaggio posato, la precisa e cronometrica ricostruzione, sembra proprio di sentire l’autore che con la sua voce ci racconta la sua dorata gioventù. Nella freschezza e nella simpatia risiedono i maggiori pregi di questa opera, tuttavia in alcuni passaggi la biografia non si discosta dalla semplice rievocazione, e lascia completamente sbiadito sullo sfondo quello che gravitava intorno alla vita del narratore. Il libro è capace di regalare bei ricordi, si fa ammirare per la meticolosità con cui è articolato e non difetta di simpatia, ma a tratti non emoziona, e costringe il lettore a qualche sbadiglio celato dietro un sorriso, come le serate di cui parlavo all’inizio, a casa di amici a vedere diapositive di luoghi bellissimi e di momenti felici, ma che restano uno sguardo su di un angolo di mondo che non riesce a coinvolgerci del tutto.



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