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Tutte le poesie 1973-2009

Poesia

Anna Cascella Luciani
Gaffi Editore in Roma (collana Sassi)


Recensione proposta da LaRecherche.it

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Pubblicato il 20/05/2011 12:00:00


[ Recensione di Domenico Vuoto ]


I gesti della poesia nei versi di Anna Cascella Luciani


    Se si può parlare di necessità riguardo alla poesia, essa consiste nel conferire senso agli oggetti del reale e ai grandi valori antropologici: nel rinominarli sottraendoli alla nominazioni o rinominazioni correnti, agli usurati criteri dell’utile, alle convenzioni, al consumismo culturale che si nutre anche (paradossalmente) di un fare poetico dominato da compunti o lacrimevoli lirismi, da studiate semplificazioni della parola e del verso o, al contrario, da un neo-neoavanguardismo che tutto mescola e tritura in poltiglie fragorose (una tecno-poesia), o dai cascami di un neoermetismo che si affida a un gioco di inintellegibili cortocircuiti verbali.

In altri termini, la necessità della poesia di conferire vita pulsante e senso nominale alle cose costituisce la sua stessa ragion d’essere, di esistere, tanto più in un’epoca di de-realizzazione mediatica. E la parola, il pensiero poetico sono i suoi organi prensili e vocali, i suoi gesti. I quali necessitano sempre di esattezza e misura: esattezza del nome – dei nomi; misura del tono – dei toni.

Se si parte da questo assunto, con il quale non si intende affatto regolamentare o irreggimentare la poesia, ma determinarne la moralità (il suo dispiegarsi come supremo tentativo di cogliere delle verità), allora tutto è possibile. È possibile partire da qualche dato minimo del reale e, per irradiazioni, pervenire a delle cosmogonie. Succede ne Il partito preso delle cose  di Ponge,  dove spesso un oggetto minimale si impossessa della pagina e genera, per accumulazioni sensoriali e gestuali, un poema; succede con toni differenti e altra misura nei versi di Anna Cascella Luciani, nell’intero suo percorso poetico di cui dà conto un corposo volume uscito di recente (Tutte le poesie - 1973-2009 - Gaffi Editore in Roma), corredato di un saggio di Massimo Onofri, e che raccoglie tutta la sua produzione in versi. È un lungo seguito di composizioni (parola, quest’ultima, come si vedrà, non usata a caso), prezioso per valore in sé e quale resoconto di un’evoluzione sentimentale che si invera nella ricca modulazione dei mezzi espressivi: dall’urgenza del dire delle prime raccolte - Venaria, Luoghi - alla distesa consapevole maturità degli splendidi versi di Tesoro Da Nulla, I Semplici, Piccoli Campi, Tutte Le Oscurità Del Verde, Dalla Finestra Il Cielo.

Un percorso “avventuroso” che si snoda lungo un cospicuo numero di anni, ma  segnato da quelle costanti di cui ho cercato di dire sopra: l’esattezza e la misura;  l’attenzione puntuale, puntigliosa agli oggetti, siano essi manufatti umani o espressioni del mondo naturale. Un’attenzione che necessita di movimenti – del punto di vista, del corpo, della parola del poeta: di ciò che mi sono azzardato a chiamare i gesti della poesia. E dove gli oggetti innescano sentimenti o se ne fanno complici: Fossi più allegra/ ti inviterei a nozze/ di cedro e di cannella./ Ma il paniere giallino/ manda all’apertura/ sapori di coriandolo/ svanito[…] (pag. 122) O si configurano come testimonianze memoriali: Infilavo collane negli aghi di pino/ le ghiande del leccio colore dell’ambra/ della corniola lucida liscia capace/ da sola di evocazione fatata aladina [] (pag 202).

Penso, a proposito degli oggetti naturali, a una sezione del libro, L’intelletto delle erbe; o ai versi tesi ad elencare (con quale musica martellante e ipnotica!) le tante varietà della rosa (pag 254), che sembrano usciti da un trattato di botanica, tanta la cura nominale e addirittura tassonomica: gli studi di un Linneo applicati alla poesia o, meglio, la poesia, universo inclusivo per eccellenza, che fa suo, nell’opera di Anna Cascella Luciani, il sapere botanico e lo indirizza a un alto e suggestivo grado di espressività.

Con questo, si torna a una delle peculiarità dell’opera del poeta: l’esattezza. Che non si riduce alla sola precisione delle parole, ma  riguarda anche e soprattutto i loro accostamenti, le loro accensioni e deflagrazioni di senso, il ritmo che presiede alla loro musicalità. E però l’esattezza abbisogna di misura, e cioè della capacità di dosare e combinare e modulare i toni adattandoli ai temi trattati.

Quando parlavo di composizioni in riferimento alla poesia di Anna Cascella Luciani, è a questa sua arte combinatoria che intendevo accennare. Arte che possiede le caratteristiche proprie della musica e della cantabilità. Così, le sue poesie arieggiano le ballatette, le canzoni a dispetto, le cavatine; possiedono l’estensione di certi recitativi: e tutto questo, applicato a un registro sentimentale dove predominano l’amore (sensuale, creaturale), il sentimento della bellezza e della memoria (problematico e sofferto nelle poesie dedicate alla madre), il sentimento della nostalgia, declinato con orgogliosa dignità. Ne derivano versi straordinariamente agili e tersi, spesso di brevità epigrammatica, dotati di chiuse folgoranti: […] qualsiasi altro giorno lei era/ disposta/ a fare dell’azzurro/ un mare-/ moto (pag. 222). Versi che non scivolano mai nel proclama autoreferenziale, nella stentorea assunzione e rivendicazione di universalità, nell’ego a dismisura espanso - di Mater dolorosa, di matrice del sensibile, di vestale della sensualità e sessualità, eccetera -. E dove il dolore, l’affanno del vivere e il senso della finitezza o lo struggimento per il tempo che fugge (nella sezione Labuntur anni ), la contemplazione del paesaggio urbano (con i versi dedicati alla città di Roma e ai suoi luoghi d’elezione come Villa Borghese) e infine la devozione quasi francescana per le cose umili: [] - della tellina/ gialla-larga-solare-/ tolta al nido di sabbia lacerata/ sapevo solo il nome: grande/ madre-. (pag. 359) si stemperano in accenti di sottile autoironia e si corroborano al tempo stesso di una ferma responsabile presa d’atto delle cose e degli accadimenti umani.

La poesia di Anna Cascella Luciani è, come si diceva, consapevole, e dunque colta. Risente della lezione di poeti greci e latini, ma anche ottocenteschi e novecenteschi (l’amata Emily Dickinson e Anna Achmatova) e, quanto alla poesia contemporanea italiana, di un Penna, di un Fortini, di un Giudici.

Se è poesia ciò che, a mio avviso, porta in sé e cattura altra poesia, e ne è infine contaminata, questo vale certamente per l’opera in versi di Anna Cascella Luciani. La quale rielabora in forme proprie e originali influssi di altri poeti, e consegna al lettore un libro di intenso respiro e di attraente fattura. Un livre de chevet che si segnala per il tocco lieve e ispirato della grazia.



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