Ti parlai dal sonno.
Sussurrai che, sì,
eravamo da tempo senza cuore:
avevamo disertato
i luoghi delle rivelazioni.
Di notte, i segni si facevano più chiari:
ombra e luce in proporzione perfetta.
Il fatto che mancassero certezze
invitava a sognare.
I sogni sembravano veri.
Corsi a guardare i moti del cielo.
La luce divampava
spegnendo il cero del sonno.
Le ombre erano aghi
in sostanza di luce.
Apparve una chiesa sul fiume
e noi l'attraversavammo.
***
Dai e dai impari il verso giusto.
Comprendi che vivere
fa rima con stare
e persino con ricordare.
Non le cose, ma tramite le cose.
Ricordare o forse immaginare?
Prima sommessamente.
Poi arditamente:
una visione,
un desiderio,
un volo.
E si fa ordine nel caos dell’attendere.
Si dipana il filo trasfigurato
di eventi incombenti.
***
Come sia il dopo:
una strada d’acqua,
un ponte sulla tempesta.
E se fossi tu la tempesta?
La tempesta e insieme il passaggio.
Decidere di attraversare il ponte
e sentirsi come galleggiare.
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