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Quei giorni a Bucarest

Romanzo

Stefan B. Rusu
Playground

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 26/04/2011 12:00:00

Quei giorni a Bucarest erano quelli un po’ incerti e di transizione, dopo la caduta della dittatura di Ceausescu, e segnanti l’inizio della cosiddetta occidentalizzazione, una sorta di assimilazione ai valori occidentali, una tendenza che ebbe una immediata evidenza nel concerto di Michael Jackson che si tenne proprio in quei giorni a Bucarest. Sempre in quei giorni del 1992 in un liceo di Bucarest il giovane e bellissimo Gabriel stava facendo le prove per una recita tratta dal film Dichiarazione d’amore, icona di intere generazioni di rumeni. Sul palco Gabriel sa di poter vivere la sua apoteosi, è bello e tutti lo ammirano e ne sono innamorati, la sua vena artistica può uscire allo scoperto e non esprimersi più solo con foto “rubate”, bellissime, ma inesorabilmente chiuse nel cassetto. Sempre in quei giorni i primi imprenditori italiani, soprattutto veneti, cominciano una sorta di colonizzazione industriale della Romania, e fra essi Vittorio, padovano, elegante e sicuro di sé. E tanto per restare sempre in quei famosi giorni a Bucarest, il giovane Nicu, studente alla facoltà di giornalismo, nonché amante di Vittorio, decide di andare a fare un reportage sulle prove di Dichiarazione d’amore, ma una volta giunto nella palestra del liceo dove è allestito il palco, vedere Gabriel ed innamorarsi di lui è una cosa sola. Anche Gabriel nota immediatamente Nicu e se ne innamora a sua volta. Tutto bene, si potrebbe pensare, invece no, in quei giorni in Romania l’omosessualità era ancora un reato, e pregiudizi (“non esistono omosessuali in Romania”) erano ancora fortissimi. Se Nicu sembra non avere famiglia ed il suo unico legame è con Vittorio, il quale vedrà il suo amore rumeno sgattaiolargli di tra le braccia, Gabriel ha un padre ed un fratello che si oppongono fieramente alla relazione intensissima ed urgente dei due ragazzi. Ma l’Amore, aiutato dall’Arte, non sta certo a guardare e cercherà di fare il suo corso, che non rivelerò per non privare i lettori della sorpresa.

Il libro scorre veloce con la passione dei due ragazzi a fare da perno, un amore forte, immediato e bello, che non ammette mezze misure, e che, malgrado qualche problema, cresce; a tratti, paradossalmente, il più giovane ed inesperto tra i due sembra essere quello più determinato e con le idee più chiare riguardo al rapporto con l’altro. Purtroppo i due devono scontrarsi con i pregiudizi e la fortissima incomprensione che ammorbava l’aria a quei tempi (come anche ai giorni nostri, purtroppo anche in Italia) e che creerà non pochi problemi, molto bello però emerge il rapporto di amicizia tra i compagni di scuola di Gabriel, che sebbene riluttanti lo aiuteranno a vedersi con Nicu.

Il linguaggio è semplice ed immediato, a tratti giovanilistico, ma riesce a ricreare in modo molto efficace l’atmosfera di quei tempi, andando a recuperare anche oggetti vintage, quali la macchina fotografica o le sigarette; anche attraverso i dialoghi l’autore ricostruisce con perizia l’atmosfera di quei giorni, facendo trapelare quel diradarsi delle nebbie tipico della fine delle dittature e il desiderio unito ad un certo timore per il futuro. Il romanzo è molto gradevole e godibile, piacerà ai lettori più giovani e sarà in grado di suscitare una certa tenerezza mista ad un pizzico di malinconia nei più grandicelli. Leggendo questo libro (ma non solo questo, e anche semplicemente vivendo) viene lecito domandarsi perché se l’amore è un sentimento tanto bello, capace di trasformare chi lo vive, rendendolo capace di qualunque cosa – o quasi –, debbano continuare ad esistere pregiudizi vecchi ed assurdi, anche in nazioni che si definiscono moderne?

In tema di pregiudizio, capace anche di cancellare l’amore paterno, ecco un breve estratto dal libro, con un dialogo tra Gabriel ed il padre:

 

“È così impossibile da accettare?” chiede Gabriel, con un nodo alla gola.

[…] Il padre sospira, poi sposta leggermente un bicchiere. La luce troppo diffusa del neon. Il silenzio, interrotto dal ronzio della lampadina.

“Accettare? No, quello è semplice. Quello che è impossibile è immaginarti mentre…”

Gabriel si volta di scatto: “Non farlo. Non sei costretto a immaginarmi in quelle situazioni!”

“E come?” chiede il padre, scuotendo la testa.

“Ma in tutto il mondo…”

Il padre lo interrompe: “Noi siamo romeni. È diverso.”

Anch’io sono romeno, papà! E io sono innamorato di Nicu, lo capisci? […]”

 

E come in molte parti del mondo ed in milioni di famiglie il padre, invece di capire la felicità del figlio ed accettare l’amore che egli vive, preferirà farlo vivere nella sofferenza.

Per completezza segnalo che con l’autore, Stefan B. Rusu, ha collaborato alla stesura del romanzo Angelo Bresciani; inoltre la foto di copertina è di Dániel Borovi.



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