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Roberto Mestrone collaboratore di Lèucade |
I MODESTI STUPORI
da
“INEDITI”
di
Ninnj Di Stefano Busà
Nel gesto di un'alba (per dirla col cuore) labbra di fragola declina il canto, mentre le ortiche insanguinano i papaveri, lasciando incandescenze nelle vene, pulsioni di silenzi, tra il nascere e il morire, qualche grano d’innocenza. Tremo quando un'alba mi accarezza a pelle, o un nuovo fuoco arde silenzioso.
Aspetto che tenace un bagno d’erba irrori le radici, che l’aspro vento sorprenda le attese all'infinito. Oltre le strade bianche riodo il grido delle semine, dove i tratturi aprono varchi a lune nuove. Ha fremiti stasera la parola, questo andare per terre bruciate, quest’acqua che non scioglie l'arsura, spalanca solo minime passioni: trascina ai frangiflutti, lo scafo in cerca dell’approdo. La verità del segno Non ho che qualche strazio, un grido che consuma l’immenso e lo sbianca come l’inverno il cielo che lo sfionda. La vita sta nell’istante imperfetto, nei germogli di carne o in un sangue rappresi nei cerchi inossidabili dei tralci, nelle campanule bianche tra i maggesi e la zolla.
Arranca una passione che colora i melograni e scalpita nell’ombra di un altro scandaglio d'arsure.
Non ho che sillabe piegate, nodi di fonemi e sintagmi a tessere tele rosseggianti o attese d’alabastro, il volo di un pensiero che accende spighe di prodigi e suoni dimenticati. |
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Mi sorprende, mi abbaglia e mi incita a scendere dalla barca della solitudine il canto di Ninnj Di Stefano Busà.
“... Un grido che consuma l'immenso...” della nostra immaginazione oscurata dalla nube tossica dell'indifferenza. È“un nuovo fuoco... arde silenzioso” e ci fa riflettere sul ruolo salvifico del Poeta: la spiritualità dell'uomo, quando rischia di essere sconfitta dal morbo dell'alienazione, può essere riscattata anche dalle invisibili armi di chi armeggia coi versi: “sillabe piegate, nodi di fonemi e sintagmi” riescono a districare i nodi amari della quotidianità aprendoci l'uscio incontaminato della Natura.
Il cuore, steso sul prato in attesa “che tenace un bagno d'erba irrori le radici”, sa cogliere bellezze e dolcezze anche dalle ortiche, portatrici incaute di “incandescenze nelle vene”.
“Tra il nascere e il morire”, abbrivio e traguardo della nostra esistenza, dobbiamo saper cogliere i frutti di ogni modesto stupore adagiandoci sugli sbadigli dell'alba o specchiandoci nei chiarori del tramonto.
Il nostro “andare per terre bruciate” sarà un cammino disseminato di impronte divine se riusciremo ad impossessarci – senza clamore – delle umili meraviglie del Creato.
“La vita sta nell'istante imperfetto”, ed anche ciò che ai nostri occhi appare come un groviglio di “minime passioni”, indossa la veste del “pensiero che accende spighe di prodigi e suoni dimenticati”.
Vivide di agresti immagini le metafore, caldi e genuini i sentimenti dell'autrice, sì che al lettore giungono chiari i preziosi messaggi della natura.
Brava Ninnj!
Roberto Mestrone