Pubblicato il 13/12/2016 18:03:36
A dicembre irrompe tradizionale da un abete con scintillanti evviva, grossolano un ghigno èbete, che mi timbra il cervello. Quanti Natali hai? Quanti ne hai sprecati? Goduti? Passati? Quanti te ne restano?
Più luci, più lustro, fermenta la festa, brilla bella robusta la gioventù, e il buon vivere, che pare diffuso, come il brutto Socrate mi sento bello e fresco siccome il mattino, cinto da belle e nude braccia, con il cervello pieno di timbri.
Il calendario del fisco e del supermercato sollecitano doveri e riti, il giorno è pieno di cose belle quelle che mi mancano fanno le sceme, luccicano, sono sfere appese, lustrini esagerati, prendimi maschio libidinoso, mi dice la vita: Sono la fortuna sciocchino.
Ho il cervello pieno di timbri. C'è l'allegria sdentata dei poveri, e gli incidenti stradali dei ricchi, grazie e disgrazie. Quello che mi piace, è il canto e la calligrafia delle femmine. Buon Natale al manganello con lo stipendio.
Presenti le fanciulle con lo scooter, io e gli aggregati estemporanei di individui, immaginiamo, il Prete, Babbo Natale e la Befana, nelle cattedrali, che al posto della scienza, graziosamente si prestano a benedire per Tutti, i gradi di civiltà in evoluzione.
Veri Santi dell'Umanità, carcerati, poveri e matti, c'è doveroso doloroso per loro il Satanico Natale maledetto, il loro Sacro Santomale per noi è Benedetto, Utile, a nostra e a loro insaputa alimentano la possibile quasi felicità nostra, usi e costumi in glorioso sano divenire.
Da dove viene Babbo Natale? Forse dal Micro e dal Macro; l'infinito relativo ci manda un giullare, come comandante di una nave si manifesta ai passeggeri, enti finiti; la Divisa, il Viaggio, l'Oblio. Allegorie beffarde, brutali innocenze. Signor Padre Eterno, stammi vicino, dammi la mano che sono piccino.
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