Per celebrare il 150° dell’Unità d’Italia proponiamo due libri, uno fresco di stampa, uno già letto sui banchi di scuola.
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Figlie d'Italia. Poetesse patriote nel Risorgimento (1821-1861)
di Mori M. Teresa
Editore Carocci (collanaFrecce) - 2011
L’autrice del libro non ci propone una critica letteraria anche perché le scrittrici che “porta alla luce” non sono famose bensì il tentativo di dare il giusto rilievo alla voce femminile che ha contribuito, e non poco, al processo di liberazione ed unificazione del nostro Paese. Il volume, oltre che proporre dei testi poetici, si arricchisce di stralci di memoriali ed epistolari che aiutano il lettore ad accostarsi, guidato dall’autrice, alla condizione delle donne nei decenni risorgimentali ed a riscoprirne il contributo alla costruzione del filone romantico e patriottico del romanzo popolare in rima.
Credo sia ora di tornare a “leggere al femminile”, specie per riscattare il ruolo delle donne in un periodo storico che ci ha abituate a vederle più nel ruolo, romantico e risorgimentale, della compagna (madre, moglie, figlia) dell’Eroe, del Patriota o dello Statista. Senza nulla togliere a questa funzione, impegnativa e di non scarso rilievo, voglio cercare la loro voce, sentirla “in diretta”, scoprendole protagoniste.
Spero questo libro non deluda le mie aspettative.
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Le mie prigioni
di Silvio Pellico
Cosa c’è stato prima del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, prima di Garibaldi e di Cavour?
Le mie prigioni sono una lettura appassionante ed, al contempo, difficile.
Pellico aderì alla Carboneria per seguire il proprio ideale anti austriaco ma rimase sempre un uomo di fede, politicamente un moderato che si agitava stretto fra il richiamo insurrezionale in nome della Nazione e la riprovazione per l’ondata rivoluzionaria, il tutto sempre segnato da un fortissimo afflato fideistico.
La storia della sua permanenza presso le carceri dei Piombi di Venezia e poi dello Spielberg di Brno (nell’attuale Repubblica Ceca), si svolge nell’arco di un decennio, fra il 1820 ed il 1830.
Il racconto si dipana attraverso l’alternarsi del mesto ricordo della vita da uomo libero ed il narrare della durezza della detenzione, della disperazione che conduce a pensieri suicidi ai quali solo la fede pone un freno, alla terrificante asprezza dello Spielberg.
La narrazione, benché priva dei capitoli aggiuntivi che l’autore non riuscì mai a portare a definitivo compimento, danneggiò l’impero asburgico quanto se non più di un’insurrezione proprio perché il contrasto fra l’orrore della Fortezza e la profonda quanto controversa e ferita umanità di Pellico, fece sì che il suo scritto trovasse un grande accoglimento nei salotti intellettuali europei, fungendo da pericoloso propellente per la formazione del pensiero che avrebbe alimentato l’avvio dei moti risorgimentali.
Mi rendo conto di quanto riproporre questa lettura, possa apparire una scelta impopolare ma credo essa contenga, in fieri, le grandi forme di pensiero che si sono, poi, sviluppate e concretizzate in tutto il risorgimento, contribuendo con anime diverse ma intenti comuni alla restituzione dell’Unità e della Libertà ad una nazione che, per secoli, era stata divisa e sottomessa.
L’insegnamento da trarne: che non sempre colui che ci mostra le sue debolezze e le sue contraddizioni, che vinto cede alla violenza del potere (Pellico, durante la prigionia, inizialmente fermo nella decisione di non collaborare, provato sino allo stremo, accettò di confessare l’adesione alla Carboneria) sia il meno adatto a suscitare la rivolta. La difesa della libertà ha bisogno di azione ma l’azione ha bisogno di pensiero, anzi, di convergenza di pensieri, purché onesti ed accomunati dal perseguimento dei medesimi valori.
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Poetica Unità d'Italia