Oscar Claude Monet, nato nel 1840 a Parigi è uno dei padri dell’impressionismo, movimento pittorico fondamentale, dal 1874 sino ad oggi, per la storia dell’arte. A chi si deve questa definizione, “Impressionismo”? Ci viene incontro Wikipedia: “Il nome di battesimo del nuovo movimento si deve al critico d’arte Louis Leroy, che definì la mostra Exposition Impressioniste, prendendo spunto dal titolo di un quadro di Monet, Impression, soleil levant. Inizialmente questa definizione aveva un’accezione negativa, che indicava l’apparente incompletezza delle opere, ma poi divenne una vera bandiera del movimento” Dobbiamo in qualche modo proprio a Monet la paternità del nome che di tanta gloria fu allora ricoperto, sebbene i primi tempi gli impressionisti non vennero visti molto di buon occhio dalla critica tradizionale, tanto che vennero addirittura rifiutati al salon del 1863, ma la loro forza dirompente, accompagnata dall’innegabile bellezza dei dipinti, li fece ben presto acclamare. L’impressionismo e i suoi protagonisti sono un argomento vastissimo, qua mi limito a parlare della bella plaquette dedicata proprio all’artista delle ninfee o delle celeberrime cattedrali di Rouen. Il volumetto non raccoglie una vera e propria biografia, o un trattato accademico, è una spontanea e fresca testimonianza di Monet, i suoi primi anni e la grande voglia di ribellione che, accompagnandolo tutta la vita, sfocerà nella ribellione estrema e con la conseguente “distruzione” del modo di concepire la pittura. Nel volgere di quindici pagine, vediamo il giovane Monet, dal pennello già felice, marinare la scuola per dipingere sorprendenti caricature di personaggi della sua città. Queste “marchette” gli permettono di accantonare un bel gruzzoletto che lo rendono indipendente dalla famiglia, la quale vorrebbe per lui tutt’altra carriera che non l’effimero mondo dell’arte. Ma la caparbietà del giovane Claude, unita all’innegabile talento, fanno capitolare anche il più cocciuto dei pater familias. Infatti il giovane Monet, dopo aver tentato la carriera militare, che non ha minimamente scalfito i suoi propositi artistici, si iscriverà, finalmente con l’avallo del padre, ad un atelier di pittura. Atelier che non soddisfa i desideri del giovane Monet, ma che verrà frequentato – tollerato – giusto per non dare dispiacere al padre. Ma la carriera è ormai in procinto di sbocciare e l’incontro, a Parigi, con personaggi del calibro di Cézanne, Degas, Sisley ed altri, oltre che con il mercante Durand-Ruel, lanciarono la quasi mitica carriera di Claude Monet. Il racconto autobiografico si ferma agli esordi della celebrità, ma espone con grande chiarezza, ribadendolo più volte, il particolare che da sempre rappresenta la cifra stilistica di Monet: il dipingere all’aria aperta, giustamente esclamato nel titolo della plaquette.
La seconda parte del libretto si compone di “lettere e confidenze” brevi frammenti dagli scritti del pittore fra cui mi piace sottolineare questo: “Un atelier non l’ho mai avuto, e infatti non capisco perché chiudersi in una stanza. Certo, va bene per disegnare, ma non per dipingere. Per quanto mi riguarda, il mio atelier è la natura”. Attraverso queste lettere e dichiarazioni è possibile continuare a seguire la vita di Monet, dal punto in cui la parte biografica termina, seguendo i suoi viaggi alla ricerca della luce, dei colori della natura, e vivere con lui anche le incertezze lo sconforto e il crescere della carriera.
In appendice al bel volumetto, curato dalla felice mano di Antonio Castronuovo, una breve ma chiarificatrice postfazione ed una succinta biografia.