Pubblicato il 26/08/2016 15:37:43
Io voglio narrarti la bellezza vagabonda dei cieli quando si apre a raggiera il suono delle campane al mattino e la vita è come un contagio di calore, una festa di ali. Quando il sole fa di un pezzetto di metallo nascosto fra i fili dell’erba un coagulo abbagliante di luce. E gli angeli vengono a sostenere insieme le nuvole e i verzellini, e sono così chiari con le braccia umide di mare e un ricordo di Dio che beve nella musica scrosciante di un torrente che non si arresta mai. Oh, biancore dell’aria che si fa inizio verginale del giorno e illumina gli angoli delle case e di nuovo si alza un mormorio di vite denudate dai sogni, un ritmo d’immaginazioni che sorregge i piccoli gesti quotidiani. Il mio primo raggio di sole predilige sempre l’acquaio e poi allarga le mani su tutto il luogo che vede il mio risveglio di fronte ad un bicchiere colmo di latte. Mi sta tutt’intorno la vita come un corpo chiarissimo che cerca le mie mani per appoggiarsi e farsi un poco d’ombra. Mi pulsa un richiamo nelle tempie, una felicità semplicissima ed assurda che mi fa dire: Sono viva, viva. Sono tornata come una barca carica di pesci d’argento che approda da un’infinita nostalgia dell’acqua marina con la sua danza di morte. Però adesso devo dire sì perché nulla si disperda fra me e tutto ciò che ha un respiro: le foglie dei tigli, i fiori, i piccoli animali, la terra. E dunque: guardami dalla nicchia del cuore, sorprendimi con il ronzare delle api intorno alle gemme, baciami con le labbra di un bimbo che sanno di annunciazioni, deponimi sulla lingua i chicchi della prossima semina. O Luce, dissolvi tutte le morti brevi che mi abbracciarono ogni notte, nel sonno.
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