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Alighetoù nel presente

di Piero Passaro
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Pubblicato il 11/12/2017 18:11:39

Alighetoù apre gli occhi e sospira. Sul suo tavolo posano delle foto in bianco e nero di persone che appaiono nei suoi ricordi come alter-ego dei suoi racconti scritti. La scatoletta in cartoncino che contiene quelle foto era accompagnata dall'antica Silette che le era stata regalata insieme a quelle foto. 

Ora giacciono su quel tavolino come sotto processo, in un piccolo coffee bar sulla strada. Le porte scorrevoli si aprono a ritmi casuali, dovuti ai passanti in strada. La gelida brezza paralizza lentamente la confusione del bar che a poco a poco, come il volume di un radio, ricompone il frastuono. Alighetoù siede sulla poltrona del locale, posto destinato ai solitari. 

Non c'è nessuno per lei oltre quel frastuono, può isolarsi e godersi il cappuccino. Alighetoù ha amato nella sua vita, ed è una donna che spera per il meglio mentre si aspetta il peggio, non vuole empatizzare con le persone che prendono vita attorno a lei, preferisce osservarli a distanza, magari ricevere qualche fotografia scattata in 35mm.

Ogni piccolo tavolo con ciascuna persona attorno reca nei pensieri di Alighetoù un flusso di idee fantastiche su come possano essere le vite di quelle persone: un quadretto prospettico della coppia accanto a lei, una fotografia bressoniana di studenti ostruenti il passaggio per i camerieri o la lucente fila di bicchieri sul bancone del bar come unica forma riconoscibile di un'opera d'arte astratta.

Vince sempre il bisogno di tenersi a distanza; il problema di Alighetoù è il conflitto tra speranza e realtà a cui pensa ogni giorno.

Batte i piedi che i suoi stivaletti trasformano in piccoli tonfi continui. La gelida brezza ora è arrivata ai bassi arti: una sensazione univoca nell'universo.

Prende un blocchetto dalla borsa allungandosi maldestramente, lo posa sul talvolo e poi usa la penna. Usa la penna, non scrive. Compone qualcosa che le faccia trovare la spinta per rinsaldare  il suo conflitto interno. Qualcosa di incontrollabile come una commutazione di sentimenti o una leva dell'entusiasmo, una vera delibera dei suoi sensi che Alighetòu raccoglie in un'idea che definisce folgore vitale. E' un nome strano, forse addirittura banale. 

La vetrata è una vista perfetta per le persone che passano. Sul marciapiede ci sono ombre carnose coperte per il gelo: Alighetoù vede la soluzione e la causa del suo conflitto. Le persone hanno un calore a cui non si può davvero rinunciare, sono tutte destinate a far brillare una luce forte in lei. Lei però non è l'unica, ce ne sono diversi che gioiscono e soffrono per la folgore vitale.

Quando Alighetoù trova il sentimento cosciente che la pervade, lacrima per tutta l'empatia affettiva che fluisce. Lei stessa diviene pura empatia.

Ha paura però; non controlla questa empatia che può farle molto male, le ha già fatto molto male. Quando un'altra persona rilascia la propria folgore e questa si unisce a quella degl'altri il misticismo diviene solo un'etichetta. Alighetoù sente di vivere qualcosa, o qualcuno, nel momento in cui quella folgore si attiva in lei e negli altri. 

Perchè si rende conto che quel tipo di condotta non è vita; quel tipo di condotta è solo una presa di coscienza che si può sopravvivere senza amare altre ombre calorose, si può sopravvivere senza lo scorrimento di empatia. Alighetoù è la portavoce dell'estrema empatia. Tutti hanno questo potere ma in pochi se ne ricordano e non si perdono nella visione quotidiana di un'esistenza macchiata da ogni falso bisogno. Non si tratta di edonismo o di altre forme più sorridenti di qualcosa che è già stato perso senza che le persone lo sappiano; no, è qualcosa di più forte.

La sua mano velocissima e furente scaglia pensieri sul blocchetto. Ad un certo punto ferma la penna ferma la mano, ferma lo sguardo dritto su quelle parole inchiostrate. Il suo giaccone produce una serie di rumori al minimo movimento, la fa pensare a se stessa. Infila la mano nella tracolla e raccoglie il suo lettore musicale. 

"Sonata in d Minore, Op. 1, No. 12, RV. 63, 'La Follia'' di Vivaldi"; il display del suo lettore è preciso. Alighetoù pensa all'amore che l'ha resa consapevole del suo status. Una persona che non ha più rivisto ma che c'è stata gravosamente. Alighetoù pensa a come sia facile reperire sguardi e riprodurli nella contemporaneità di oggi. 

Un potere immenso e drammaticamente incontrollato di riprodurre ognuno eppure così inutile per quel viso, per quella persona, per quel calore. Qualcosa di irriproducibile con nessun artificio. Alighetoù pensa intensamente a quella persona e il suo cuore, il suo cervello palpitano davvero di comune accordo. La folgore la investe.

Alighetoù guarda tutti i consumatori seduti. Li osserva e loro osservano lei. Prima che l'attenzione si perda fa uno scatto all'impianto musicale del bar. Stacca il jack e lo attacca al suo lettore. Vivaldi ora lo ascoltano tutti e lei, in lacrime cerca di spostare tutti i tavoli in fretta prima che la traccia finisca. Qualcuno cerca di fermarla ma poi non capisce il suo intento mentre la curiosità prevale. 

C'è uno spazio dove tutti possono entrare ma in cui nessuno si addentra. I tavoli sono ai lati, i caffè sono fumanti senza che qualcuno ne fruisca. Alighetoù si muove nel mezzo e passa in rassegna i giorni passati alla sbarra fino a sanguinare per la perfezione. Un ragazzo la guarda con un'espressione indefinibile, qualcosa che non riesce lui stesso a capire. Felice? Triste? Imbarazzato? Contrariato? Smette di pensarci e si getta in quello spazio. 

Alighetoù lo accoglie, non sa chi sia ma l'identità è solo un abbellimento. Lui ride e poi si stanca. Alighetoù gli parla nell'orecchio e gli dice come deve tenerla mentre danzano.

Una ragazza entra nel bar dopo averli osservati danzare. Sorride quando riconosce Alighetoù. Questa persona ha i capelli lunghi e un sorriso pungente, talmente autentico da doverne essere all'altezza in uno scambio di sguardo. Porta uno zaino contornato di placchette e toppe da ogni dove. Ha una spilla sul cappotto con tutta l'aria di essere un regalo che lei stessa non avrebbe voluto indossare prima che qualche evento non la rendesse fondamentale. Porta con se una custodia in pelle per una macchina fotografica che porta a tracolla.

La ragazza sorride, raccoglie il blocco cartaceo di Alighetoù e lo legge. Lo osserva attentamente, come se fissasse una singola parola in modo allucinato. Prende una penna dalla tasca e vi aggiunge qualcosa mentre Alighetoù continua a ballare con entusiasmo. Ormai tutti la stanno guardando. Il ragazzo che balla assieme a lei la ferma un secondo. Lui posa una mano sulla liscia guancia della ragazza. Il suo calore intenso è pari al contrasto tra i suoi occhi celesti e il colorito scuro della sua pelle.

Vivaldi smette. Alighetou stringe le mani a quel ragazzo. Le persone tutte attorno si guardano tra loro, è successo qualcosa ma non capiscono cosa.

Il ragazzo prende il blocco di Alighetoù e glielo porge. Il ragazzo decide di parlare ad Alighetou:"una ragazza ha scritto qualcosa. Aveva una spilla su di sè con scritto "Elìte"".

Alighetoù sussulta, poi si reca alla vetrata del barmentree la sua bocca trasforma sul suo viso un falso sorriso. Non vede nessuno. Ma cosa aveva scritto quella ragazza?

"Danzi in modo ineffabile. Sei una delle persone che preferisco. La tua autenticità sono davvero le persone, per me si tratta delle situazioni. Mancherai molto ai miei genitori. Le foto che ti abbiamo dato sono un loro ricordo ma ora è il momento di crearne tuoi." Dopo aver letto, Alighetoù piange ancora ma queste sono lacrime di compassione per quell'impossibile confessione di perenne inadeguatezza che sarebbe sempre scattata nella sua amica e "nelle sue situazioni".

Alighetou fissa il vetro e tiene in mano una vecchia foto della sua amica in bianco e nero mentre si accinge a parlare per dire: "My vriend. Doen 'n goeie reis".


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