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L’alba

di Lucia Atzori
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Pubblicato il 11/11/2017 10:39:15


La mattina si presentava grigia e umida segno dell'arrivo imminente dell'autunno. La sveglia aveva suonato puntuale alle 7.30 come tutte le mattine ormai da anni e come tutte le mattine, puntualmente l'aveva trovata già sveglia a rimuginare.
Ormai dormiva si e no 5 ore per notte. Proprio 5 ore le contava tutti i giorni quando al risveglio pensando di non aver dormito affatto ricordava l'ora in cui si era coricata e quindi contava con le dita le ore di presunto sonno, si perchè in effetti lei non dormiva ma pensava e sopratutto i suoi pensieri non seguivano quasi mai una linea precisa o un argomento ma saltavano di qui e di la dal lavoro ai famigliari a quello che desiderava o al tempo.
Ma la particolarità di quei pensieri era che lei li pensava come se battesse sui tasti di una macchina da scrivere, lettera per lettera accenti e virgole.
Quindi il suo cervello non riposava mai.
Ogni mattina si alzava dal letto imponendosi di affrontare il giorno con fiducia e allegria, cercando di non pensare più ai suoi guai, già ci pensava abbastanza la notte rigirandosi come fa lo spiedo nel camino carico di carne da arrostire.
Era una donna semplice che viveva di cose semplici e non aveva desideri di ricchezza o fama e la vita che le aveva riservato sorprese amare e lunghe, faticose montagne da scalare ancora non l'aveva piegata.
Ogni mattina andava giù camminando sino alla torre sul mare godendo delle prime luci dell'alba che sempre l'affascinavano.
Quella mattina le nuvole grigie contrastavano col caldo colore infuocato del sole che sorgeva all'orizzonte
Allora si fermò e stette a guardare affascinata l'arrivo del giorno cullata dal rumore del mare e dallo stridere dei gabbiani.
A giorni portava con sé la macchina fotografica e faceva il percorso con occhio critico e attento cercando di catturare il colore di una nuvola, le sfumature delle foglie autunnali o le gocce di rugiada sull'erba. La sua curiosità la spingeva a controllare subito il risultato degli scatti per vedere se aveva colto l'attimo che cercava.
Conservava gelosamente quelle foto che rivedeva ogni tanto ricordando l'occasione e persino il giorno in cui le aveva scattate.
Nelle sue camminate solitarie non incontrava quasi mai nessuno e sentiva quei momenti come un regalo che il mondo le donava, si saziava di quei colori e quei suoni sempre uguali ma sempre diversi.
Non c'era mai un alba uguale ne mai un giorno uguale anche se in piccole cose a tratti impercettibili era tutto uguale ma tutto completamente diverso.
Poi si incamminava verso casa sentendo dentro di se una forza nuova diversa ogni volta. Queste emozioni l'aiutavano a sopravvivere alla sua realtà quotidiana fatta di incertezze e precarietà.
Eppure ogni mattina si incamminava verso la torre cercando pensieri nuovi, a volte canticchiava vecchie canzoni di quando era giovane e tutto era ancora possibile.
Sorrideva ironica al pensiero della vita scivolata via come una manciata di sabbia dalle mani perché per lei era andata proprio così ma durante quelle passeggiate si impadroniva del suo tempo e aveva invece ancora l'idea che tutto dovesse ancora arrivare, che tutto potesse ancora avvenire, il grande amore il lavoro perfetto e la casa dei suoi sogni era li come la desiderava e la costruiva e disfaceva come meglio le pareva.
Era come se quei momenti all'alba avessero su di lei un effetto di lunga vita, di immortalità e li magicamente diventava ciò che aveva sempre sognato di essere.

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