Pubblicato il 06/11/2017 09:24:38
Le avevano dato un nome, ma chissà cosa ne capiva lei. Si, perchè Alessia "era" un gatto ed "era" non è riferito al fatto che abbia esaurito la sua scorta di vite ma perchè ormai non lo è più; ha ormai perso la sete del gatto, le stimmate, per diventare un peloso soprammobile timoroso di tutto ciò che non siano le crocchette o la carne cotta. I suoi "genitori" le dedicano tutte le attenzioni fin da quando era entrata, piccolissima, in quella foresta di divani e mobili. La domenica la portano sul lungomare con il suo bel trasportino rosa, come si addice ad una femmina; vede il lungomare attraverso le rete della gabbietta fino a quando la donna non la fa uscire col suo bel guinzaglio con la corda estensibile lunghissima che da ai suoi genitori la senzazione di darle quella libertà della quale non sa, o non ha mai saputo, che farsene. Si aggira timorosa camminando sui resti di canne e sassetti sulla spiaggetta della rotonda, gli occhioni verdi spalancati sul mondo come carte assorbenti; chissà che senzazione strana deve essere per lei abituata al divano, ai tappeti ed ai mobili. L'uomo fa la guardia sopra la scaletta in cemento che porta alla spiaggetta nel timore che possa sopraggiungere qualche pericolosissimo cane o peggio un esemplare di un animale che Alessia non saprebbe riconoscere: un altro gatto!
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