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I libri nella calza della Befana

Narrativa

Aa.Vv.
Editori: Adelphi, Armando Curcio, Astoria, Minimum fax,
Playground, Via del Vento

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 04/01/2011 12:00:00

Autori: Bernardini-Dinelli, Giannelli, Gibbons, Némirovsky, Rachid O., Simenon, White

*

Dopo le feste natalizie con le loro inesorabili mangiate, visite forzate, sorrisi di circostanza e biechi giochi di società, giunge, liberatrice, l’Epifania, quest’anno con mirabile collocazione nel calendario offre qualche giorno di riposo e rigenerazione della mente. Qual è il modo migliore per iniziare l’anno e riprendersi dalle feste? Il primo è gettare la televisione nel cassonetto dell’immondizia e, contestualmente, leggersi un bel libro. Ecco qualche Polaroid (per restare in tema natalizio, la Polaroid fu uno degli oggetti più desiderati all’ombra degli alberi di Natale di qualche anno fa, ed ora, ingiustamente, caduta nell’oblio) su vari titoli con cui passare qualche ora in santa pace.

Inizio con l’amatissima e mai abbastanza rimpianta Irène Némirovsky, col bellissimo e struggente “I doni della vita” (Adelphi, 218 pagg, 18 euro), in cui si narra di una coppia che decide di sposarsi contro i desideri della potente famiglia di lui, che non verrà mai perdonato dal patriarca della famiglia per questo “sgarro”. Tuttavia la coppia disobbediente vivrà una bellissima storia d’amore, ininterrotta, per tutto l’arco dell’esistenza dei due componenti. Anche la guerra tenterà di dividere i due innamorati,ma li farà solo diventare ancora più uniti. Una bella storia, che più happy ending di così non si può. Comunque non si pensi ad un romanzetto rosa, è un libro assai ben scritto con una sua profondità notevole, e sfido chiunque a trattenere le lacrime sulle ultime due pagine. Apparentemente in contraddizione con sé stessa è la Némirovsky di “Due” (Adelphi, 237 pagg., 18,50 euro) in cui viene fatta una netta distinzione fra l’amore e l’accecante passione che porta con sé al di fuori del matrimonio e quella sopita, tenuta a freno dall’abitudine e resa insipida dalla noia che si vive all’interno del matrimonio. Passione che però non tarda a divampare quando può mescolarsi all’adulterio, quando può vivere, clandestina, al di fuori delle regole matrimoniali e sociali. Un romanzo più scabro del precedente, narrato a tinte fosche, con le sue morti per passione, disperazioni e attese vane al gelo di un giardino pubblico. Più pepato de “I doni della vita”, forse più movimentato, altrettanto bello e molto moderno; bellissimo l’inizio con la presentazione dei personaggi principali al termine di una notte di bagordi. Scenario di ambedue i romanzi dell’amata Irène il ceto medio-alto francese. Sempre oltralpe, ma in zone più assolate si svolge “Corte d’Assise” (Adelphi, 180 pagg., 18 euro) di Georges Simenon. Petit Louis, un simpatico gigolò un po’ svogliato partecipa distrattamente ad una rapina per poi sistemarsi presso una stramba ed apparentemente facoltosa signora. Purtroppo per il piccolo Louis la signora farà una amara fine ed egli si troverà suo malgrado invischiato fino al collo in una brutta faccenda. L’accusa farà di tutto per incriminarlo e paradossalmente le accuse più pesanti per lui verranno dal suo passato, da fatterelli di quando era ragazzo e cosette così piuttosto che da una vera indagine sull’omicidio. Petit Louis imparerà che contano di più i pregiudizi e le apparenze piuttosto che quanto realmente commesso. Il romanzo è assai divertente e scorre come un simpatico film con tutto il suo armamentario un po’ rètro di gangster, pupe, casinò e Costa Azzurra. Di tutt’altro tenore due romanzi del marocchino Rachid O.: “Il bambino incantato” (Playground, 122 pagg., 11 euro) e “Cioccolata calda” (sempre Playground, 88 pagg., 10 euro) in cui l’autore rivive in chiave romanzata la sua infanzia descrivendo riti e vita quotidiana in una città del Marocco, il rapporto di grande amore e comprensione col padre e il cammino verso l’adolescenza che porta con sé l’ammissione e poi l’accettazione della propria omosessualità. Libri narrati in modo semplice, a volte tenero, in cui l’amore, la mancanza della madre e i sogni ad occhi aperti la fanno da padroni. Una cosa che non mi sarei aspettato è la mancanza di pregiudizio e l’accettazione della diversità in una società che sembrerebbe più restìa alla diversità, come quella profondamente influenzata dall’Islam. “Il bambino incantato” a tratti può apparire un po’ petulante, più maturo è “Cioccolata calda” con la bellissima storia tra il protagonista in bilico tra un ragazzo in carne ed ossa ed un francese conosciuto solo attraverso una vecchia foto, e con il desiderio di essere come un europeo e sorseggiare la cioccolata che dà il titolo al libro. Visto che Rachid si trasferirà a vivere in Francia, forse il ragazzo in foto e la bevanda hanno avuto un certo effetto, più che il bel Youssr. Di tutt’altra ambientazione il romanzo di Stella Gibbons, pubblicato nel 1932 ed ora riproposto, La fattoria delle magre consolazioni” (Astoria, 287 pagg., 17 euro) in cui la protagonista Flora Poste, trovatasi orfana e nell’incapacità/mancanza di volontà di trovarsi un lavoro decide di farsi ospitare dai propri parenti. Tra i quattro candidati viene invitata a vivere alla fattoria del titolo, presso la famiglia Desoladder, capeggiata dalla zia Ada Funesta. Già questi cenni ed i nomi lasciano presagire che l’opera è pregna di tipico humor britannico, generosamente imbottito di puro snobismo e di altezzosità tipiche delle suddite di Sua Maestà di quel periodo, e anche oltre. La signorina Flora non si lascerà scoraggiare dalla tetra atmosfera che regna nella fattoria e dalla pazzia dei suoi abitanti, e si darà da fare per portare un po’ di ordine nelle cose, così facendo porterà un enorme scompiglio per tutti finché li renderà rispettabili e beneducati cittadini del Regno. Un esempio tra tutti: una ragazza viene considerata una poverina perché amante della natura e della poesia, e totalmente digiuna di buone maniere, abiti ed acconciature. Verrà abbigliata e pettinata dalla signorina Poste che le consiglierà di lasciar perdere la poesia se vuole trovare marito, cosa che succederà grazie ad un abito. Il romanzo è divertente, ma appare in alcuni tratti profondamente datato ed un po’ stucchevole, sembra di stare in una stanza ornata di Chintz a mangiare dolci rosa troppo dolci, alla fine il tutto risulta un po’ troppo nauseantemente dolciastro. Ammirevoli i tratti in cui la Gibbons si prende gioco di molti pregiudizi o mode dell’epoca salvo poi rimanervi incagliata lei stessa in alcuni passi. Tuttavia una testimonianza di un’epoca svanita. E oltre il romanzo? Bellissima la biografia curata da Edmund White di Arthur Rimbaud: “La doppia vita di Rimbaud” (Minimum fax, 186 pagg., 14 euro) in cui l’eccellente biografo di Cincinnati dà il meglio di sé, ricostruendo la travagliata vita del grande poeta. White seguirà l’esistenza del poeta negli anni della scuola, durante le fughe a Parigi, la tormentata relazione con Verlaine e, per finire, gli anni in Africa. L’autore non dà giudizi sulla vita del poeta ma cerca in modo ammirevole di spiegare il perché di certe situazioni, ponendo il personaggio in relazione col mondo della sua epoca, e il suo ambito familiare, da cui nacque un grande desiderio di ribellione. Grande parte della ricostruzione della vita di Rimbaud è dedicata alla creazione artistica, di come il sodalizio con Verlaine, pur nel suo essere burrascoso, abbia dato vigore e linfa creativa alla scrittura di entrambi. Una lettura molto interessante, che analizza in modo assai approfondito la vita del noto poeta, la scrittura ha il piglio romanzesco cui White ci ha abituati, ma tutto ciò che è scritto è frutto di serie e pazienti ricerche e se il biografo formula qualche supposizione non suffragata da dati certi, si premura di avvertire il lettore. na biografia molto più sui generis è quella che Enzo Giannelli dedica a Sandro Penna: “L’uomo che sognava i cavalli” (sottotitolo – inesorabile - “La leggenda di Sandro Penna” Armando Curcio Editore, 223 pagg., 11,20 euro). Giannelli frequentò per un certo periodo la casa di Sandro Penna, quando costui era già segregato volontario e non ammetteva alla sua vista che poche persone. Del grande poeta Giannelli fa un resoconto umano, delle sue paure, le sue cattiverie, l’odio malcelato verso gli scrittori suoi contemporanei, l’amore per i cani e per i fanciulli. Il ritratto che ne emerge tratteggia a tutto tondo l’umanità di Penna, soffermandosi poco sull’analisi della sua produzione poetica, risulta tuttavia assai godibile per le mattane del poeta, i suoi giudizi corrosivi su molti, la sua innocenza nel dire che non riusciva a leggere: conosceva tantissimi libri ma si scherniva sempre dicendo che ne aveva lette si e no tre pagine. E poi il disordine epico dell’appartamento, i quadri preziosi ammucchiati in qualche modo in mezzo a cose vecchie e prive di valore; e le memorabili polpette, “con tanta noce moscata, mi raccomando”. Una biografia che ci presenta il Sandro penna uomo, con la sua grande carica di umanità e di vitalità, a tratti divertente, soprattutto per gli insulti che riserva a personaggi considerati “mostri sacri”. Infine una snella biografia di un pittore forse un po’ meno noto “Antonio Puccinelli – l’uomo e l’artista” di Luciano Bernardini e Laura Dinelli (Edizioni Via del Vento, 39 pagg., 4 euro). La plaquette si apre con una interessante nota critica sulla vita e lo svilupparsi dell’opera del Puccinelli. Con lui vengono messi in risalto anche i suoi compagni del cosiddetto “Caffè Michelangiolo, scuola di pittura toscana, al quale Puccinelli portò aria nuova, e trascinò i compagni in una sorta di rinnovamento stilistico di una certa importanza. Il libro procede con 12 riproduzioni di tele del pittore, ciascuna corredata da una nota critica puntuale e rilevante. Chiude il volumetto una “nota biografica”, biografia vera e propria che si presenta snella ed essenziale, ma non frettolosa, che tralascia le parti aneddotiche per porre in risalto una analisi precisa ed efficace della pittura del Puccinelli, in rapporto con gli altri artisti della sua epoca, come la sua pittura si sia arricchita, da quali opere e quali influenze ebbe ed infine i significati che il pittore voleva porre nella sua opera. Tra i buoni propositi per il nuovo anno si può inserire anche la riscoperta di questo pittore toscano sicuramente degno di interesse anche se dal nome meno altisonante di altri.

Buona Befana a tutti.



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