Solo uno stolto scambia l’amore
Per un legame pattuito con l'autoelogio al suo reame.
Questa è la storia di un principe solitario
senza cavallo
e di un grande giardino,
di fiori freschi che quando era infante
s’aprivano sempre
ai primi raggi del mattino.
Oggi il tepore degli interni
s'avvicenda a notti di rigidi inverni.
Oh mio grande bel guardo
che si getta sui tuoi possedimenti,
sono ancora piccoli, ma grandi neg'intendimenti.
Io ti scorgo tra gli incanti
di un lavoro per stare avanti:
ritto e desto ad attendere
che si regni sugli indegni.
Oh mio bel principe
senza giardiniere,
senza nella reggia
né uno sguattero né un giocoliere,
le tue piante stan soffrendo dell’incuria
delle tue pene:
odono la sofferenza
di quel cuore
che non suggerisce
alle rose
di rifiorire.
Nelle ultime stagioni
son sempre state preferite piantagioni:
alberi da frutto per sfamarti,
per guarirti,
per assaporare il tempo
e inghiottire il dolce di quelli
affinché si confondesse quella nota
con l'acidità delle interiora,
di un apparato digerente ammalato
a tua insaputa:
troppi sassi sullo stomaco,
dolori
con cui crescere
e dimenticarti dell'infanzia.
Non un uccello che provi oggi
ad insidiare il tuo canto
quando la tua grossa voce
spezza l’aria,
quando le tue urla
violentano il silenzio senza alcun rimpianto.
Oh mio gran bel guardo,
io vedo
nelle lunghe passeggiate solitarie,
durante le quali attraversi altri boschi lontani,
le ombre che s’allungano col tuo passo
e asciugano le più segrete speranze
per acconsentirti
ad accogliere il sonno ormai lasso.
Molti sono i visitatori
che nella tua reggia ascoltano le tue sviolinate:
sai condurre tutti al loro posto,
ricordare a ciascuno di loro un buon proposito,
e nell’attesa della successione
t’alleni a vincere su mute platee
pronunciando poemi che ammaliano,
trattengano l’attenzione
e alludano a un futuro di innovazione.
Oh mio bel prinicipe,
molte stagioni sono passate,
il petto è forte,
la voce è grossa,
il capo è alto,
ma dietro
si nasconde una gobba pronta ad alzarsi:
se non volgi ora lo sguardo al tuo giardino
sarai costretto
ad osservare anzitempo
un più intimo declino;
L’ultimo inverno subì il maggior gelo,
la primavera appea trascorsa
l’ha soltanto reso più leggero,
ma tutt'ora solo di brina s’abbelisce,
quando spiove quel cielo adornato
di nubi di tristezza
che non colano sul tuo viso
per l'orgoglio che lo impedisce.
Oh mio bel principe
la tua reggia è smisurata
e l’eco che offre ogni stanza
ricorda il numero delle vittorie già raccolte
nelle tue passate vite;
odo questo gran rumore nel silenzio:
si muove l’eroismo senza mantello,
si muove la sciabola senza medaglia sul tuo petto,
il macete, la fucina, l'arco e sinanche ogni altro offensivo orpello
per ogni avversario allora sconfitto,
oggi un degno fantasma che ti paga con fantasie il fitto .
Ora s’alza un nuovo astro,
l’amore si era insinuato oltre le mura,
presentatosi come tenuo candore
ha attraversato spesse tende
sino a sfiorare la tua guancia
come caldo raggio di sole.
Sai che forse l'unica nuova stagione
sarà la portatrice d’ogni provvigione:
che non assecondi solo l'appetito,
ma nutra anima e cuore,
guidi la mano a non commettere alcun errore e,
in una successione
conseguita per merito di un Vero Onore,
potresti veder sbocciare
quelle rose
come primo segno di
reale clamore;
tutto questo mio bel principe
se t'accorgi del fiorire di una rosa
se t'accorgi dell'Amore come,
alle tue segrete preghiere,
la celebrazione di una risposta.
Sii degno allora a regnare,
ad esser riconosciuto come Re
dal tuo reame.
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