Pubblicato il 03/06/2009 21:31:32
Cari tutti, ma dove siete finiti? Domanda retorica, ovviamente. Ognuno è impegnato a zappare il suo orto, seminare, raccogliere e strappare la gramigna. Anch’io sono qui a tentar di difendere il poco seme rimasto dagli uccelli e dall’erbacce. Almeno si salvi quell’ultimo pezzo di terra che il fuoco ha risparmiato. Quando venne l’incendio, suonai la campana ma uno solo venne. Troppo pochi per domare le fiamme. Nelle successive stagioni, ho liberato tutti i piccioni ‘ché vi portassero i miei messaggi. Ma non avete risposto ed i pennuti li avete mangiati: nessuno ha fatto ritorno al colombaio. La carestia è brutta: ci fa dimenticare il vicino e la sua fame. Tentiamo di cavarcela da soli. Con che risultato? Sempre meno raccolto, sempre meno germe da gettare fra le poche zolle arate. Vi ricordate quando eravamo un piccolo popolo? Marciavamo insieme, come in Novecento. Ed eravamo belli. Ed eravamo eroi. Oggi siamo spaventapasseri, con i vestiti di un altro a tener su la paglia. Agitiamo convulsamente le braccia ma i corvi ridono e ci mangiano il grano e ci beccano gli occhi. E, alla sera, non più accordi di chitarra ed il camino non basta a scaldare. Neanche il vino funziona: ci porta mestizia. Il silenzio, non innocente, ci fa paura. Non usciamo fuori a guardare le stelle. Siamo, ormai, curvi. E siamo soli, sempre più soli. Ieri notte vi ho chiamati: ho gridato forte con tutto il dolore che potevo, con tutta la passione raccolta dai fondi di cuore. Ma nessuno ha risposto e il vento ha disperso la voce. Oggi sono ritornata al campo ma le mani mi facevano più male ed i capelli li avevo lasciati sul cuscino.
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