Pubblicato il 18/09/2013 22:46:39
Leggi l'articolo su l'Espresso Oltre 500 pagine di motivazioni della sentenza d'appello sui rapporti tra lui, Berlusconi e Cosa Nostra. In qualsiasi altro Paese avrebbero avuto conseguenze devastanti. Da noi invece sono passate come acqua (16 settembre 2013) Dell'Utri mediatore tra Cosa nostra e Berlusconi», si legge nelle motivazioni della sentenza che ha condannato l'ex senatore a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Un vero e proprio "mediatore contrattuale", secondo la corte d'appello di Palermo, tra Silvio Berlusconi e la mafia. Tutto sarebbe stato stabilito durante un incontro nel 1974: "Protezione del Cavaliere in cambio di denaro". Quasi cinquecento pagine per quello che Dell'Utri chiama, con ironica superficialità, "il suo romanzo criminale".
Quasi cinquecento pagine che raccolgono la genesi di questo patto che sarebbe durato quasi trent'anni. Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri si sarebbero incontrati con i boss mafiosi Gaetano Cinà, Stefano Bontade e Mimmo Teresi. Il risultato sarebbe stata la "garanzia della protezione personale all'imprenditore tramite l'esborso di somme di denaro che quest'ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell'Utri, che ha consentito che l'associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere".
PER LA CORTE D'APPELLO di Palermo, Berlusconi avrebbe pagato "quantomeno fino al 1992". Qui i giudici si fermano e iniziano le analisi e l'indignazione. Qui, aspettando che la Cassazione si pronunci ancora una volta, alla recente condanna definitiva di Berlusconi si aggiungono, come tasselli, quelle di chi gli è stato più o meno vicino.
E' di fine agosto un'altra notizia: l'ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena è stato arrestato a Dubai. Era latitante da giugno, quando era diventata definitiva la sentenza di condanna a 5 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Definitiva: nessuna corte alla quale potersi ancora appellare. E anche questo processo ha avuto un percorso complesso perché complessa è la materia sulla quale la magistratura si è trovata a dover indagare e poi decidere: quel reato di concorso esterno in associazione mafiosa che è un unicum del nostro codice penale. Questa figura di reato di creazione giurisprudenziale rende penalmente rilevanti le condotte tipiche di quella zona grigia costituita, tra gli altri, da imprenditori e politici che con le proprie azioni favoriscono le organizzazioni criminali mafiose, pur non essendone partecipi. Imprenditori e politici dalle fedine penali talvolta immacolate ma che consentono al potere dei clan di diventare sempre più forte. Secondo i giudici, Matacena, ha favorito la cosca 'ndranghetista Rosmini.
MI RENDO CONTO che non è semplice seguire i processi sin nel dettaglio. E' cosa complessa comprenderne tecnicamente il percorso. So che la stampa in questo non ha grosse responsabilità. Io stesso quando raccontai il processo Spartacus, dopo le condanne, lo feci in un articolo lungo ed estremamente complesso. Ma la difficoltà di narrare queste storie e di inserirle in un quadro più complesso mai deve divenire un alibi offerto alla politica perché si disinteressi, perché non dia risposte e, quando coinvolta, non fornisca giustificazioni. In qualsiasi democrazia sarebbero queste le domande che una stampa libera e gli avversari politici dovrebbero porre a un leader di partito, questi gli argomenti quotidiani da affrontare. E così, da Silvio Berlusconi non è arrivato alcun commento. Nulla di nulla. In alcun modo ha ritenuto opportuno pronunciarsi sulle enormità emerse dalla sentenza emessa contro Dell'Utri.
Del resto nessuno, quando ha la possibilità, ne chiede conto. Meglio martellare su tasse e ricandidabilità, argomenti sui quali è sempre possibile imbastire bei discorsi, disquisizioni tecniche e succulenti retroscena, vecchi nello stesso momento in cui sono pubblicati. Del resto Berlusconi, dicono, è stato votato da dieci milioni di elettori. Dunque i suoi reati non sarebbero questione di diritto, bensì politica. Questo è il lascito di Silvio Berlusconi al nostro Paese: la distruzione di ogni prospettiva di diritto, per la ignominiosa fuga dalle proprie responsabilità.
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