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La certezza

di Silvia Scorrano
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Pubblicato il 27/04/2016 21:51:26

Sottile ma tenace
il filo che lega ogni cosa:
la speranza.
 
Come burattino
ti conferisce una posa
aderente al vento,
e grazie all'arrangiamento di un polso divino
trascendi le strade già solcate
e, in questo tetro teatrino,
raggiungi il più disperato mutamento,
persino.
 
Oh, non c'è spensieratezza,
ma la luce
dell'onesta coscienza
che rende conto di ogni passata azione maldestra
d'ogni atto
che devi aver commesso
ben prima che la memoria prendesse forma
in ciò che nell'intelletto
è ammesso,
in quel
che ha lasciato nel karma un'orma.
 
I passi scollati dal pavimento
nella mossa dell'anima
avanzano sopra il firmamento,
nel buio
di quell'infinito silenzio.
 
E il dolore,
la sconfitta persino,
non muta la gioia
che trattien la speranza.
 
L'avanzar verso la meta si rimesta
nell'inafferrabilità di ogni accidente
con l'ineffabilità di un costoso presente.
 
Così la felicità accade
come il triste inciampo
nella virtù d'esser già oltre, ma qui,
vicina ai desideri,
ma ancor prima guardiana
dell'opportunità
che ciascun d'essi si avveri:
un lavoro senza tariffario.
 
Conti le tue giornate
che t'attendo a un traguardo
e quello, come per dispetto, s'allontana
con sorriso beffardo;
allora guardi la giornata
come un traguardo
e il futuro s'abbandona ad essere
la bella copia di un'illusione che,
ora cieca,
domani prenderà gli occhi
da un'altra dimensione
in un mutuo scambio
tra preveggenza e divina provvidenza.
 
La vista muta nel corpo senza tatto:
i sensi s'affinano,
le distanze variano
tra persone, cose e sentimenti persino,
non c'è più un metodo adatto
a misurare il cambiamento.
 
Ah, l'amor dimentico è sopraffino,
quel che sapeva lasciarsi cullare
senza preoccupazione,
quand'oggi, invece, apri ogni giorno un ombrello
affinché ogni piovasco altrui non leda il tuo sospirar solitario;
nel ricordo
l'entusiasmo
s'accomoda nel divario.
 
Ogni cosa
come volto di una medaglia,
nel lancio di una continua scommessa,
ti fa provare
ora la vittoria,
ora la sua rimessa;
non è il successo,
ma il fremito di riuscire a sostare nell'adesso,
che ogni giorno motiva
a cercare il tuo cenacolo.
 
Mentre pasteggi,
nell'abitudine consueta
illuminazione e perdizione
si intervallano per brevi istanti:
come la muta di un animale
che si prepari a una eterna stagione
senza rimpianti,
senza riconoscer nuova occasione.
Non siedi per nutrirti,
ma ti svesti e,
su quel pavimento,
cade la tua vecchia pelle
che il tempo confonderà
con la polvere di un istinto alla paura ribelle.


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