Lui è il metronomo che scandisce i tempi sulla statale dodici da Pievepelago all'Abetone. Ci potresti rimettere l'orologio per quanto è puntuale nelle sue tappe.
Si chiama Leopoldo ma lo chiamono Poldino, tanto da pensare il nomignolo derivante dal personaggio nel fumetto di braccio di ferro divoratore di hot dog a cui somiglia fisicamente.
Ogni ora è al suo posto, ogni posto ha la sua ora con qualche compito di contorno durante il tragitto come aprire una saracinesca di una assicurazione di primo mattino, consegnare i giornali dall'edicola ai bar del paese e riempire la raccolta differenziata vetrosa di un ristorante alla sera.
Guai a chi lo facesse per lui!
Quando l'elettrificazione del sistema gli tolse il compito di campanaro della chiesetta di San Michele se lo legò al dito. Da fervente cattolico apostolico romano passò all'avversità più spiccata verso la religione, la chiesa ed i preti e da allora salta regolarmente le tappe delle chiesette, che un tempo faceva raccogliendosi in devota preghiera, come ritorsione per lo sgarro fattogli.
La sua passeggiata mattutina, alternando bus, camminata e vari bar, lo porta a percorrere il lungo nastro di catrame fino alle piramidi di Ximenes volute dal granduca suo omonimo per dividere i ducati di Modena e Toscana sulla via Giardini che un tempo segnavano il confine regionale prima della creazione fascista del comune dell'Abetone e la divisione della frazione di Faidello in due comuni diversi, due province e due regioni.
Fa ritorno a casa per il pranzo che la sorella gli prepara, una piccola pausa prima di ripartire instancabile per il suo percorso pomeridiano, preciso e puntuale come un orologio svizzero d'Appennino con il suo cappellino da baseball, le enormi bretelle rosse che sorreggono i pantaloni a vita alta sormontati dalla variopinta camicia quadrettata.
Al bar di Dogana Nuova spesso gli offrono da bere che a volte rifiuta per non appesantire il suo indefesso incedere; come il palo della banda della banda dell'ortica, fare il metronomo della statale del Brennero è “il so mesté” e va fatto coscienziosamente.
Nell'ultimo tratto da ponte Modino fino allo svincolo che porta alle piscine, prima del rientro al paese, non disdegna, se capita, di farsi dare un passaggio riempiendo il viaggio del malcapitato tassista coi suoi continui improperi contro il mondo.
La sera, ormai stanco della sua operatività, fa l'ultimo “struscio” sulla via Roma, dissertando di religione, perchè a lui quello sgarro proprio non dovevano farlo:
“I preti e i cattolici... brutta rassa!”
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