Pubblicato il 11/09/2017 10:34:32
...I bambini sono seduti sul bordo della strada asfaltata che, indifferente, corre più lontano della loro possibilità di vedere. Oltre l'orizzonte. Non hanno paura: la strada è comunque più breve della loro capacità di immaginare. Rannicchiati dentro l’attesa i bambini parlano di macchine che sfrecciano, tirano dentro le narice la nube di gas inquinante che sale. Non sembrano infastiditi, anzi, sorridono, si credono parte di un mondo che per il momento li esclude. Ad ogni invadenza rombante del rumore gli occhi li si riempiono di stupore, leggono a voce alta i numeri delle targhe, continuamente meravigliati da ogni cosa che non sia loro e che per quello sembra accrescere il proprio valore. La corrente mossa dal passaggio delle macchine li scompiglia i capelli. I bambini la intendono come saluto, rispondono con alzate di braccia. Esultano, sperando in messaggeri buoni che forse un giorno si fermeranno davanti a loro e riempiranno di contenuto reale l’attesa. I bambini sperano. Usano pezzi di vetro rotto, schegge di bottiglie colorate per trovare arcobaleni. Li tengono fra i piccoli pollici e indici con reverente timore e guardano attraverso il colore il mondo che vedono diverso e nell’accelerazione che abita i piccoli cuori pare più bello, al di sopra di ogni realtà vissuta. L’occhio strizza, acuisce lo sguardo, tira in un sorriso inconscio una parte del volto. Linee delicate e sottili. I bambini vedono arcobaleni e si rassicurano, la temporaneità della loro attesa sembra ovvia. Un orgoglio ansioso li spinge a ricordarsi dei tesori abbandonati per terra, li raccolgono frettolosi e li stringono al petto. I bambini. Sui loro volti il cameraman si sofferma di più, inquadrando soprattutto gli occhi, dove grida la solitudine, la paura ed un senso di marcata accettazione di fronte all’inevitabile. Con i loro visetti magri e rinsecchiti sembrano dei vecchi, bambini invecchiati prematuramente, sotto il peso del loro destino, schiacciati dal dolore e dalla disperazione. Si concedono all’obiettivo senza particolari emozioni, trapela, forse, solo un debole brillio di curiosità repressa, come se si trovassero seppelliti sotto un cumulo enorme di sofferenza, da dove faticano ad emergere...
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