TUTTA LA VITA IN UN ATTIMO
Un attimo di te
Vale tutta una vita
Non era stato facile entrare nella vita di Irene, anzi, era stato molto più difficile restarci; e non tanto per tutte quelle difficoltà che lei puntualmente non mancava di ricordare (figli, casa, lavoro, denaro, parenti ed affini), quanto per gli slittamenti del suo animo, che spesso aggredivano il cuore e si facevano trascinare dalla testa, in un andirivieni tra passato e presente, tra desiderio di volare e pesi alle caviglie, alla ricerca di un centro di gravità permanente che più di una volta Irene aveva immaginato di scovare in lui.
Lui, Daniele, era un tipo in gamba, aveva molte passioni, gli riusciva piò o meno quasi tutto, ma non eccelleva in niente e una delle spiegazioni che la vita gli aveva proposto, lo aveva scoperto da un po', risiedeva nel fatto che per tanti, tanti anni, si fosse dedicato e concentrato su ben altro e su altri (figli, lavoro, ecc), e avesse dimenticato se stesso, evitando quindi di coltivare in maniera profonda e appropriata le proprie passioni, ottenendone, tra l'altro, effetti collaterali molto negativi. Quasi come vivere la vita di un altro uomo, o forse, quasi come Neo in Matrix quando ancora soltanto riusciva ad intuire che tutto quello che aveva intorno aveva qualcosa di strano, di non reale; quasi come aver perso rotta e bussola contemporaneamente.
Non era stato felice di scoprirlo e, comunque, era andata così. C'erano volute lacrime e sangue per comprendere, ma c'era riuscito, e Irene era “parte integrante” del processo, anzi, ne era il fondamento: non avrebbe potuto esserci la sua evoluzione senza di lei, non avrebbe potuto esserci lei senza l'evoluzione.
Mentre osservava quell'enorme lampadario che pendeva in mezzo alla parete del salone e i suoi impercettibili movimenti, senza saperlo, i pensieri di Daniele erano andati in questa direzione. Sarà stato perchè la stava attendendo, sarà stato perchè non vedeva l'ora di abbracciarla, sarà stato perchè fremeva aspettando il momento in cui i loro sguardi si sarebbero incrociati, sarà stato perchè lei era diventata il centro naturale della sua vita e tutto il resto le ruotava intorno, sarà stato perchè ne era profondamente innamorato.
E non c'era una ragione né un perchè, o forse i perchè erano migliaia di migliaia. Ma c'è un motivo per innamorarsi di una persona, di una donna, o forse invece sono misteriose e perigliose le strade che conducono all'amore? Certamente di lei amava ogni cosa, e mentre la sua attenzione si era spostata su una valigia a qualche metro da lui, sembrava volerle leggere, tutte, come fossero scritte sulla parete dietro la valigia, tutte queste cose: il colore degli occhi, le lentiggini sulle braccia, gli slanci, le debolezze, gli eccessi di scrupolo, i pudori, l'impegno quotidiano verso i suoi figli, il modo in cui scriveva, le parole sussurrate, la sua generosità, il rumore dei suoi passi, la passione che ci metteva, il modo in cui faceva l'amore, e la lista sarebbe potuta proseguire fino all'infinito ed oltre.
“Strana quella valigia”, pensò per un attimo, dimenticata da tutti, chissà con quali ricordi nel suo interno. Non si era mai sentito come in quel periodo, così consapevole ed in contatto con il suo cuore. E, guarda caso, aveva iniziato nuovamente a disegnare, una delle passioni dimenticate, anzi, la passione con la p maiuscola. Ed era proprio questa la ragione della sua presenza nella hall di quell'albergo, “Colori d'autunno”, da poco ristrutturato nel centro di Bologna, un incontro nazionale tra alcuni disegnatori e sceneggiatori di fumetti per il lancio di una nuova collana. Da qualche minuto aveva finito di disegnare sketch e firmare tavole, quando volse lo sguardo verso la porta girevole all'ingresso dell'albergo.
Irene invece faceva da anni la giornalista: era un lavoro che le piaceva, come da sempre le era piaciuto leggere e scrivere, raccontare a se stessa e agli altri il mondo e i suoi cambiamenti, ma non solo quello esteriore, quello visibile a tutti, anche quello interiore, quello che racconta dello spirito del tempo e dell'evoluzione dei cuori di ognuno e del cuore del mondo.
Mentre si faceva largo tra la folla, a volte urtando inconsapevolmente qualche turista, con passo svelto ma non di corsa, cercava di organizzare mentalmente il pranzo che avrebbe voluto preparare per quella giornata. Cucinare le piaceva, molto e da sempre. Era sempre stata la cucina il luogo e il modo per accogliere gli altri, per regalare loro qualcosa di sé, del suo estro, del suo tempo spesso molto ridotto e troppo di corsa rispetto a quello che desiderava. La scelta alla fine era andata su uno dei suoi piatti forti e poco diffusi in giro, le lasagne di pesce, e stava mentalmente ripassando i passaggi della ricetta mentre guardava il grande orologio sulla facciata del palazzo della banca al di là della strada che segnava le tredici meno un quarto.
Da quando si era seduto su quella poltrona la valigia rossa lo aveva incuriosito, ancora prima di iniziare a disegnare. Daniele pensò che sembrava appena uscita dal negozio, bella, rosso fiammante, ancora con qualche pezzetto di cellophane appiccicato sulla superficie esterna, pronta forse per un lungo viaggio, ma sola, in un angolo, appena appoggiata ad una poltrona, priva di qualsiasi cartellino di riconoscimento, indicazione e soprattutto senza un proprietario nelle vicinanze. Osservandola più attentamente cercava ora di scorgerne qualche particolare nuovo. Ecco che da un lato riuscì a scorgere, penzolante, l'adesivo di una compagnia aerea, probabilmente l'ultima che l'aveva imbarcata, ma dalla sua posizione si poteva vedere solo una lettera maiuscola, la b. B come Berlino, Bruxelles, Bologna, Bangkok, le possibilità erano davvero molte. E poi, stranamente, gli sembrò anche di osservare dei movimenti, quasi impercettibili, accompagnati da un rumore continuo, quasi un ticchettio.
Era quasi arrivata, finalmente. La giornata, inizialmente nuvolosa, si era riempita di sole e di luce, e Irene aveva indossato i suoi vecchi occhiali da sole per evitare di inciampare in qualche gradino o nel piede di qualcuno della folla, come più di una volta le era accaduto. Ridevano spesso dei suoi “incespicamenti”. Aveva pensato e deciso più volte di cambiare gli occhiali, ma, in fondo, era così affezionata a quell'oggetto da non riuscire mai ed entrare nel negozio per acquistarne un nuovo paio. Adesso camminava più trafelata: non vedeva l'ora di abbracciare il suo uomo, di stringerlo a sè, di bere assieme un sorso di caffè, di raccontargli della mattinata al telefono con la redazione, di dirgli quanto lo amasse.
Irene entrò dalla porta girevole, la fece ruotare e mise il suo piede nella hall. Daniele riconobbe il ruomore dei suoi passi, alzò lo sguardo e, incrociando quello di lei, sorrise.
Fu in quel preciso istante che avvenne l'esplosione: qualcosa come fermare il respiro e il battito del cuore, che pure era diventato così potente in quegli ultimi anni, come vedere migliaia di stelline con la vista semi-annebbiata, come pensare di poter morire in quel preciso istante.
La valigia era ancora lì, fiera nella sua perfetta solitudine, e Daniele aveva provato altre volte quella sensazione così forte, così dannatamente violenta e potente, di fronte ad un sorriso inaspettato di Irene, ad un abbraccio dopo qualche giorno di assenza, o mentre facevano l'amore. Intanto lei era arrivata accanto a lui e gli stava delicatamente baciando l'angolo destro della bocca. Faceva sempre così, per quel buffo e malcelato senso del pudore che le impediva di baciarlo in mezzo alla gente. Anzi, era riuscita a trasgredire più volte la regola.
Mentre Daniele la stringeva forte a sé il proprietario della valigia la afferrò per il manico senza esitazione e la trascinò fuori della hall.
Era una bellissima giornata.
15 agosto 2017
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