Un signore mi invitò solennemente
alla sonata grandiosa dei pianoforti.
Un treno era sospeso in aria
come l’ombra d’un pericolo immane,
andava dove migrano i pensieri…
Volti e valigie si ammucchiavano,
i respiri si affollavano,
c’erano solitudini tranquille e riservate,
un giovane ronzava ambiguità.
La donna in pelliccia camminava
nelle strade notturne.
Guardavo dove era nata la mia infanzia
che si svolse giocando trasognata,
e -a volte- rotolando di felicità…
miravo il giardino in declivio
mentre il mattino saliva sulle viole…
Baciavo la comare, gli zii, le nostalgie...
Ancora una volta,
la stazione attendeva
per portarmi via da me.
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