L'ALBERO
Sono solo quest’aria che respiro
pura e bestiale come un quadro mai dipinto
mi arrampico per cadere, cado per arrampicarmi
su quest’albero immenso che qualcuno partorì.
Le strade sono anguille, foglie di carta le città,
l’uomo è scomparso in una scatola
eppure qualcosa sotto corteccia qualcuno
risponde, perde lacrimeatomi,
si allenano vite accartocciate, onde troppo alte,
se questo salire fosse sprofondare, divorare?
Incido le iniziali sulle rughe di bimbo
nel silenzio violento di un padre impagliato
anche per oggi ho ucciso abbastanza.
da "Partita per silenzio e orchestra" (Ed. Lietocolle, 2015)
MERCURIALE
Donna indicibile del primo giorno gridato
quando viva ti vidi piansi e nacqui
estratto a sorte in sinfonia lattescente
dall’orchestra di una madre all’anfiteatro
terrestre, nel golfo mistico degli elementi.
Tu che vieni dal buio e dalla luce
incomprensibile come una smorfia
come ruggine in un codice irripetibile
nella mappa cromosomica del cielo.
Tu primitiva come un fiore introvabile
come un’idea mai nata, schiva
come una rivoluzione non rivelata
come un segreto in una tomba vuota.
Ti acquatti nei solai con gli antenati
ironica come una zingara, paziente
come una ladra, tu danzi offrendo la sintesi
alle piante, le radici, le mani alle foglie.
Tu che fai salti mortali con le nuvole
canti come il tramonto alle porte della notte
dai forma alla materia e non sei più materia
sei eterna metafora della metafora che era luce.
Tu come un mendicante nella casa dei corpi
celesti, come un primogenito puro sgorgato
dall’abisso, tu ritorni alla festa delle rotazioni.
E io che ero un frugolo di luce, ogni anno
celebro l'ultima recita, indosso i panni
del bambinello, e provo la taglia esatta
della nascita, e provo la vertigine
dell'ultimo respiro, quel passaggio
agli anni-luce in cui ritornerò luce.
dall'antologia "MITO - Luci e ombre mitomoderniste"(2015)
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