Pubblicato il 02/01/2010 09:24:08
In te sono stato albume, uovo, pesce, le ere sconfinate della terra ho attraversato nella tua placenta, fuori di te sono contato a giorni.
In te sono passato da cellula a scheletro un milione di volte mi sono ingrandito, fuori di te l’accrescimento è stato immensamente meno.
Sono sgusciato dalla tua pienezza senza lasciarti vuota perché il vuoto l’ho portato con me.
Sono venuto nudo, mi hai coperto così ho imparato nudità e pudore il latte e la sua assenza.
Mi hai messo in bocca tutte le parole a cucchiaini, tranne una: mamma. Quella l’inventa il figlio sbattendo le due labbra quella l’insegna il figlio.
Da te ho preso le voci del mio luogo, le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri, da te ho ascoltato il primo libro dietro la febbre della scarlattina.
Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze, a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco, a finire le parole crociate, ti ho versato il vino e ho macchiato la tavola, non ti ho messo un nipote sulle gambe non ti ho fatto bussare a una prigione non ancora, da te ho imparato il lutto e l’ora di finirlo, a tuo padre somiglio, a tuo fratello, non sono stato figlio. Da te ho preso gli occhi chiari Non il loro peso A te ho nascosto tutto.
Ho promesso di bruciare il tuo corpo di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco fratello vulcano che ci orientava il sonno.
Ti spargerò nell’aria dopo l’acquazzone all’ora dell’arcobaleno che ti faceva spalancare gli occhi.
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