Pubblicato il 09/02/2018 23:45:05
sul polemarco, il conquistatore, il mercenario, l’ardito sul grifo e la ieracosfinge, la siringe d’Apocalisse, il disertore, il rinunciobiettore, il dito plessore sull’elencazione dei soldatini d’odio e d’amore, sui cantari all’eroe, su pungiglione e punciotto e su chi t'è muort, su clava e bulava, su vivisezione e ahia!, sul generale Averno e sull’interregno di-carta-bibula-di-poesia-al-sereno, su un inceppo, un tonfo nell’empatia, sulla carrozzeria affettiva tirata a spreco dalle rondelle al becco al progressivo rannuvolamento del virus nel dispendioso progetto d’oscuramento e compendio in pomfo, su granatieri e gare di secessione nei cieli, risonanza magnetica dei superpoteri, smorfia in grande parata, proprietà elastica della faccia di sostenere la sproporzione aurea in medaglia o dracma e nel microinfusore un intruso, una cimice, bipenni e frombole del gigante ucciso dall’astro sterminatore, le corolle trionfali di una meteora su focherello o acquerella con uguale frequenza, con indifferenza di frottola e tarantella, tramestio ex machina, un’altra parata W&B su gnornò e gnorsì, eponimi e en travesti da Lulù o Mimì, agli estremi confin del coup de théâtre, la claque fino alle lacrime, la miscela esplosiva di apparenze ingrate e elettive mancanze, parzialità e stralci accatastati all’orario di cui non si parla in questo programma, ma ne resta traccia nella Wunderkammer dei bei tempi, negli umma umma, nel cranio 1470 e, se non basta, in altri nei sulla lingua che inizia a spuntare da un baccello o da un cofanetto o, per altrui cerimonie, da un’idea di triangolo a farci ancora da tetto
II
un contagio, l’innesto metallico, corno o talo, di un nuovo discorso nel BOH ininterrotto per omnia saecula saeculorum e – non dirmi che non lo sai – solo per un défilé di ricambi, motivi non personali quali il reggimento, l’adunata, i rimorsi del crotalo, l’avamposto, un cambiamento di sepoltura, una coincidenza troppo matura per non essere polta e affondarvi la rotta, calcolare il peso del mare o affogare naturalmente ogni scorta, la gomma da masticare e l’ambrosia, la bagatella ed il catoblepa, il raptus e la lezione appesa a ogni brivido: questo bambino NON TEME IL BUIO NON TEME IL BUIO NON TEME IL BUIO e sua madre e l’uscio sono tutt’uno con le pietre d’inciampo, il prego ed il menefrego nel rimboccare la lapide e nell’ammansire i rumori, sradicare le voci dal cormo prima che lo becchi lo stormo, che le fattezze lo diluiscano a anonimato e sia evocato il Suo Nome Santo dal primo Hekhalot al parto guidato tracannando vino di palma, decifrando il fatuo protocollare, un machiavello, l’arpa condizionata, l’innario, la palinodia dell’arretramento nell’immaginarsi fermo allo STOP
[…]
e l’arcolaio ha filato una toppa sopra l’arazzo, ha disarcionato la freccia da Trabocchetto a Giochetto, impiccato a un totem l’avamposto e non un flabello che si sia mosso, un grimaldello tra la miniera e il corpo (l’aria i detriti, gli istinti inarcati senza molto tempo da dedicare allo speglio) e una fotografia del bosco ingiallito - neanche immagino come ci sono finito da sveglio, ma qualcuno l’ha conservata – per qualche domanda: cosa manca al mercato locale, al bazar del cammeo, alle fiere di sabbia e luogo nel breve percorso di colori e coloro su un’ambulanza a sirena inspiegata, su plica e grinza in costante marcia verso il poro, l’esterno, il riciclo del tegumento a cimiero del bravo ragazzo, sul gagliardetto e anche più in alto di Notte e Sospetto? Cosa sa il congegno, sa il plastico sottotitolato, sanno l’elettrodomestica e tutte le spine del riccio e dell’istrice, le spire in ore stultorum di ogni cadente corpo, il vacillante moto impotente (passando per la parete) a ricongiungersi a un nuovo centauro, minotauro, giaurro? O, perso il tenue legame degli ingranaggi, il fasciame di una barca, la flora di un tappeto, chi è certo che l’altruista venturo non sia come noi un duro e le prove vocali dei macachi e le scaramucce tra confinanti non siano alte mura in lingua cherubica?
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