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Il peccato del padre

di Andrea Maurizio Campo
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Pubblicato il 12/01/2016 19:13:05

Tra le dita di un demone impertinente

le nuvole grigie giocavano  formando ombre brune

sui tratti gialli  delle colline del sonno eterno

un uomo volgeva al tramonto l'ultimo alito d'innocenza

confondendo i suoi ricordi con il desiderio.

 

Bramava quel corpo restio al ritorno

bramava il mesto sentore dell’indebita voglia

di essere vivi ancora una volta;

il capo levato con esule garbo

le dita incrociate sul petto vuoto

ragione languiva e rinnovava l’attesa.

Sublime letargo di un vecchio prodigio

prestando alla fede il figlio smarrito

paziente tradiva il malsano violare

la vita dei segni del canuto male.

“Signore perdona, perdonami ancora

giustizia deride le mani in preghiera

quando, pesato, l’arbitrio

oltremodo pretende”.

Privo di sensi, ironica sorte,

il fato vorace trattenne i disegni

del piccolo uomo e dei suoi sentimenti,

offrendo sostegno, un doglio goloso

del dono di Bacco, chiamando al riposo.

Il tempo scorreva fra terra e mare

il buio inghiottiva i passi del sole

“l’attesa perpetua il delirio violento”

sommesso esclamò cedendo al dolore

“del vizio perduto dall’uomo redento”.

Le grida neonate dell’umile pianto

arrivano in cielo e nel mare profondo

trovando riparo, un materno conforto

nel grembo celeste del limpido canto.

“Forse tu Madre dal volto splendente

intendi il mio male, indulgi al mio torto,

conosci la pena per un figlio sottratto,

concedimi, o Pura, un ultimo abbraccio”.

L’ ultima luce del re moribondo

offrì in lontananza l’ambito profilo

del giovane figlio cresciuto da solo.

Maturo, sicuro ormai fattosi uomo

il giovane vecchio tremante lo strinse

e vide negli occhi un animo onesto

lo sguardo che attenua ogni rivalsa.

Un fiore lasciò cadere sul petto

narrando dimesso dell’ultima danza

pregò per il viaggio, pregò e poi disse

“Negare l’amore a un povero padre

prostrato, a un passo dall’eterno riposo

è una colpa più grave di ciò che ho subito,

negare l’amore a un povero padre

peccando di ira verso il suo dono

spinge l’amore al vuoto immortale      

perciò, mio bene, cedi al richiamo

e proteggi i miei figli,

adesso puoi chiudere gli occhi,

Io ti perdono!”.

 

 

 


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