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Studio per uno Stabat Mater

di Gianni Mascia
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Pubblicato il 29/12/2015 21:03:41

Istùdiu pro unu Stabat Mater 1

 

Istaiat  Maria, mater addolorada, in Gaza.                                                             

Tristura in sas intrànnias,pedras  in su coro,

in is arressolis de vìspera chi s’arrubiant,

che carri insambenada apenas stochigiada,

in s’ora de si fàiri sa gruxi,cun sa buca siddia,

chentza de pregadorias e chentza de unu sùlidu,

chentza de unu stìddiu de abba santa a benedixi

s’ùrtimu momentu,s’ùrtimu attitidu acorau.

Istaiat Maria, mater  addolorada, in Gaza.

Abrubuddat sa terra in su bùidu de su nudda,

mentras aillargu arretumbat illuegu sa boxi

de su tronai de arregiolas sperrumadas

chi sonant in is bisus de pruini de sa malidadi,

de is notis chi nd’arruint  in pressi in is ruinas,

in su prantu assunconau de unu pitzinnu fertu

chi bibet sas làgrimas de s’amargura, salidas,

chi proint che unu frùmini in s’ierru,tsunami,

de sa buca sparrancada de su celu unfradu,

murru,a colori de prumu,chi ndi torrat s’ànima

in sonos de disamparu,in sonos de disamistade

chi sunt sa sinfonia de sa tìrria e de sa tirannia.

Istaiat Maria, mater addolorada, in Gaza…

Istaiat in Gaza,istaiat in Betlemme,in Hebron,

istaiat in Baghdad, istaiat in Kabul,in Sierra Leone,

in cada candu e in cada aundi lughet su dolore,

in cada candu e in cada aundi lughet  locura

e s’òmini  s’abuddat,de sàmbene innotzente,

arrelantzadu dae su cantu de laras de luna.

 

                Studio per uno Stabat Mater 2

 

Stava Maria, Mater addolorata, a Gaza.                                             

Tristezza nelle viscere, pietre nel cuore,

nelle penombre di vespro che si arrossano

come carne insanguinata, appena macellata,

in un segno di croce, a denti stretti,

senza preghiere e nemmeno un sospiro,

né una stilla di acqua santa a benedire

l’ultimo canto funebre, l’ultimo momento.

 

Stabat Mater, esangue madre, a Gaza.

Ribolle terra in vuoto di nulla,

mentre lontano rimbomba feroce

voce di mura in caduta, di vite sbrecciate,

che suonano sogni di polveri malvagie,

di notti che repentine rotolano in rovine,

nel singhiozzare di un bimbo ferito

che beve lacrime di amargura,

fiume invernale, tsunami esistenziale,

da bocca spalancata di cielo gonfio,

color di piombo fuso, che vomita anima

in suoni di abbandono e disamistade,

tetra sinfonia di odio e tirannia.

 

Era lì, Maria, anima in pena,

a guardare sangue grondare incubi

e corpi smembrati ovunque

a Gaza, a Kabul, in Sierra Leone,

in ogni dove e in ogni quando urla dolore,

in ogni quando e in ogni dove impazza follia,

in ogni dove e in ogni quando

c'è una donna che piange per la via

e l’uomo si strafoga di sangue innocente

consolato solo da canto di labbra di luna.

 

 

Studio per uno Stabat Mater 3

And she was there, Maria, sad mother, in the war.

Istaiat, Maria, Mater Addolorada, in Gaza.

Tristura in sas intrànnias, pedras in su coro

in is arressolis de vìspera che si arrossano,

carne insanguinata, appena macellata,

in un istante, cun sa bucca siddia, asula,

senza preghiere e chentza de unu sùlidu,

ni unu stìddiu de abba santa a benedire

l’ultimo momento, s’ùrtimu attitidu acorau.

And she was there, she was there..

Istaiat Maria, Mater addolorada, in Gaza.

Vomita fuoco sa terra, ribolle, frastimada,

mentre lontano rimbomba un tuonare

che l’orizzonte colora di vampe vermiglie

al frantumare di mura che rovinano

su notti interiori ancora da venire,

chi sonant in sos bisos di polvere malvagia,

al singhiozzare ferito di un bambino

che beve sas làgrimas de mamas de amargura,

tsunami che rovescia dalla bocca del cielo

che gonfio di disamistade, di piombo, grigio,

sonat sinfonia de tìrria e tirannia…

And she was there, Maria, sad mother, in the war.

She was there, she was there, she was there.

Era lì Maria, addolorada,

a guardare sangue grondare incubi

a Gaza, a Baghdad, a Kabul,

corpi smembrate ovunque

in ogni dove e in ogni quando

in cada candu e in cada aundi

il dolore ravviva, ferino, la follia,

in ogni dove e in ogni quando

c’è una donna che piange per la via

e l’uomo si strafoga di sangue di innocente,

sàmbene òmine  abbuddat,

consolato solo dal canto di labbra di luna.

 

 

 

 

 


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