Pubblicato il 23/11/2024 16:42:53
Mauro Sigura – dal Liuto al Jazz, un musicista alla ricerca del suono arcano del mondo.
“Come la primavera potrebbe rendere verde un sasso arido e duro, diventa dunque umile la terra perché da te fiorisca variopinto il fiore! Allora danzerò per te la danza delle donne circasse per il giorno del matrimonio come promessa d’amore e fedeltà imperitura - ripeté Sezen interprete del canto sul suono del ‘al-Oud’ che sgorgava limpido dal suo cuore, le cui parole significano ‘notte mia, occhi miei’ allorché riferite all’amato Aziz. Il prorompere delle note sulla linea poetica e il ritmo dei versi non lasciava dubbi sull’onda del desiderio che entrambi andavano componendo sul letto dell’amore, ascosi in quella ‘Salle d’ambre et de perle’ tornata ad essere per incanto la stanza dell’harem, dove il Sultano coglieva fiori di passione e di delizie imperiture”(*).
“Al-Oud”, la citazione m’è d’obbligo onde evidenziare quella che indubbiamente è l’‘anima’ dello strumento che di fatto s’appropria della sensibilità, facendola risalire indietro nel tempo, presumibilmente a quell’antica Persia che lo ha decretato ‘durevole nel tempo’ inquanto eccellenza della sua tradizione aulica. Sì da riconoscere alla ‘voce’ dello strumento quella linea sonora che riscontriamo anche alla ‘poesia classica’ e che adduce alle interferenze spirituali e poetiche del singolo musicista che invero allietava le notti d’amore nell’harem del Sultano, così come leggiamo nelle meravigliose pagine de “Le mille e una notte”. Denominato ‘sehtar’, era un tempo in uso dai popoli nomadi transumanti di tutto il mondo islamico: dall’India al Pakistan, dagli arabi dell’Africa sahariana all’Iran, all’Afganistan e oltre, per antonomasia, d’accompagnamento, nelle riunioni notturne attorno ai fuochi durante le ore passate nei Caravanserraglio, in ‘ensemble’ con altri strumenti, con riferimento alla narrazione orale delle gesta degli eroi e dei guerrieri. In quanto strumento solista, “al-oud’ o ‘ud’, più conosciuto nella sua traduzione fonetica di ‘liuto’, è presente in occidente durante tutto il medioevo in una infinita gamma di fogge e forme, per la duttilità al trasporto che ne facevano i Trovatori, sorta di cantori-poeti dediti all’esaltazione della stirpe e della tradizione politico-religiosa, soprattutto nel corteggio di ‘romanze’ e ‘serenate’ dedite all’“amor cortese”, entrate con preminenza nella letteratura ufficiale di molti popoli. Ma è al successivo utilizzo nell’Orchestra cosiddetta, in cui lo strumento si è ritagliato un suo spazio d’intervento ‘a-solo’, configurando una riscoperta capace di apportare nuove assonanze nella complessa metamorfosi sonora di spettanza alla musica classica, fino alla sua preponderante entrata nel Jazz contemporaneo. Può sembrare strano che proprio nel secolo della tecnologia più avanzata la tradizionale abilità di un musicista venga applicata a uno strumento antico qual è il cordofono ‘liuto’, giunto a noi attraverso secoli di storia che l’hanno visto interprete di diversi metodi di esecuzione e, in molti casi, affiancare il gusto musicale di popoli ed epoche con forme e prospettive diverse che vanno dal semplice accompagnamento al canto, all’uso propedeutico della danza, all’intrattenimento solistico, la cui ‘espressività’ risente dell’emozione propria del sentimento interiore dell’esecutore. Tuttavia solo un numero esiguo di strumentisti oggi si avvale dell’antica tecnica persiana applicata allo strumento, se non in quegli ‘a-solo’ in cui l’esecutore accoglie in sé l’arcano delle vibrazioni che ogni ‘pizzico di corda’ espande d’intorno, con tale pienezza d’intenti che finisce per invadere l’intera ‘cassa armonica’ e incunearsi nel corpo del musicista che lo accoglie, in cui il ‘liuto’ riversa tutta la sua linfa vitale, per cui è difficile non cedere alla sensualità che ne scaturisce. È allora che ogni esecuzione accresce l’entusiasmo dell’artista a non smettere mai di suonare, nel continuum ispirato da quell’ ‘olos’ che unisce il corpo alla mente e allo spirito, nell’interezza che lo invade e lo induce alla conoscenza superiore. Siamo o no figli di quella entità divina che tutti ci accoglie? Che provenga dalle profondità oceaniche o dagli spazi siderali la ‘musica del liuto’ che abbiamo appreso ad ascoltare, si protrae nella trasparenza dell’aere che tutto avvolge e ci conferma creatori del mondo in cui viviamo. Cos’altro è, se non l’afflato profondo del proprio respiro che interviene nel completamento di ciò che in effetti manca all’ “imperituro” che avanza, e che, a prestarvi orecchio, pur allieta all’unisono la superficie epidermica delle forme, accarezzando le voci nel canto, i corpi nella danza, i ritmi esaltanti della gioia o quelli sfrenati della follia, sopraggiunti a mistificare antichi timori ancestrali. Ma come sappiamo l’“imperituro” è imperscrutabile, per cui un musicista che va alla ricerca del suono arcaico del mondo, sa di non poter raggiungere la meta se non affidandosi alla sua creatività immaginifica, esplorando a sua volta tutti i campi dello scibile musicale, onde tornare all’unicità del suono dello strumento che trova affine al proprio temperamento, e quindi raggiungere l’arcano dell’ “anima del mondo”, scandagliata fin nelle viscere cui la ricerca di Mauro Sigura è sempre più spesso di riferimento: “un lato fragile, incerto, contro cui spesso naufragano le speranze, in cui la solidità della terra sotto i nostri piedi lascia spazio alla fragilità del vetro di cui spesso sono costruite le nostre realtà e le realtà di chi attraversa i labirinti del silenzio.” C’è indubbiamente un rapporto stretto creatosi coi numerosi strumenti che Mauro Sigura accomuna con la sensibilità poliedrica del suo essere musicista alle prese con le diverse esperienze musicali raccolte durante i suoi viaggi in giro per il mondo, alle prese con altri strumentisti d’eccezionale versatilità creativa che si adopera nel convogliare nei suoi album, come, ad esempio nel raffinato “Dunia” (S’ardmusic – Egea 2023), che gli ha permesso un salto di qualità dalla World-Music alla New Wave e oltre, andando a colmare il vuoto sonoro pur esistente fra la musica popolare e la contemporaneità del Jazz, di fatto sempre un passo avanti in ogni epoca malgrado le contaminazioni in atto. E che, ha portato nuova linfa vitale alle sonorità traslitterate in modo unificante agli arrangiamenti strumentali codificati: dalla chitarra elettrica di Marcello Peghin, al basso di Pierpaolo Ranieri, alla batteria di Evita Polidoro, fino all’intervento vocale della eclettica Elena Ledda. “La sfida – ci dice il musicista – è stata quella di rendere in musica l’idea del costante dialogo tra particolare e universale, miscelando generi musicali diversi, dalla musica mediorientale al jazz, alla fusion, dal rock alla consapevolezza del più moderno contesto sonoro”. (**) Particolarmente incisiva in questo discorso è la resa ‘d’insieme’, quella che più conta, ed è a questo infine, a cui si dedica in primis l’ascolto, il risultato “emotivamente più profondo” cui si affida Mauro Sigura in veste di compositore di quasi tutti i brani contenuti nel disco, nel farci partecipi della sua ‘emotività congiunta’ allo strumento, quel ‘al-oud’ che inevitabilmente trascina con sé assonanze del tempo in quanto ambasciatore di memorie passate, di poeti persiani e gentiluomini arabi, ma ed anche hindi, turcomanni, swahili, con riferimenti al sanscrito e al Corano, afferenti a quel “mondo globale” che riflette delle intenzioni letterarie d’ispirazione dell’autore. Davvero un album di piacevole ascolto che non deluderà chi cerca nella musica qualcosa di creativo all’altezza del migliore sound internazionale, ben sapendo che si è qui messi di fronte a qualcosa di più ricercato del continuo ‘bla, bla’ dell’odierno prodotto consumistico. Che il Jazz sia il compendio estremo del suono, capace di una più ‘intimistica’ passione per la musica, di tutta la musica, è di per sé assodato, in quanto non solo contiene l’insieme dei suoni ma li ricrea, liberandoli così dalla cornice del tempo che li vuole etichettati in questo o quel genere, trascurando a volte, tutto quanto è all’origine stessa del suono che produce, la capacità umana di catturarne l’energia creativa e trasferirla in immagini oniriche di un ‘viaggio’ estemporaneo nel mondo del sonoro. Un ‘viaggio musicale’ fatto di altrettante emozioni ma anche d'incertezza di chi si trova ad essere vicino alla realizzazione di un sogno o, comunque, vicino a un cambiamento importante, capace di cogliere il senso nascosto che la sola emozione talvolta non è in grado di decodificare, in cui però persiste la volontà di “…portare a consuonare tutto ciò che è capace di vibrare, o almeno di far oscillare ciò che è suscettibile di vibrare, dentro una sorta di melancolia assopita delle note” (**), se vogliamo molto bella e suggestiva, il cui tono aulico del ‘al-oud’, inevitabilmente porta con sé tutta la magia dei secoli passati. Non è affatto un caso che lungo la traiettoria del ‘viaggio’ intrapreso, Mauro Sigura, “un musicista alla ricerca del suono arcano del mondo”, infine si sia appropriato del linguaggio universale della musica. “Ho immaginato il desiderio come un qualcosa in costante divenire che non è mai allineato perfettamente con la realtà” (**) - scrive nelle note di presentazione adi un altro album, “The color identity” (S’ARDMUSIC-EGEA) presentato in concerto dal vivo nei diversi paesi dove il Mauro Sigura Quartet si è esibito con successo: Italia, Tunisia, Norvegia, Giappone, Germania, Serbia, Romania, America Latina ecc.., ben accolto dagli estimatori e dal pubblico di diversa estrazione culturale. Del resto la storia di questo strumento si presta per un confronto tra almeno due diverse espressioni culturali in cui Oriente e Occidente, seppure con le diversità che li distinguono, in fine s'incontrano, in un abbraccio auspicabile di pace.
Note: (*) Giorgio Mancinelli, brano tratto dall’inedito “Eustache Balmain: L’affaire Costantinople” di prossima pubblicazione – Rise & Press editore. (**) Le note a capo dei brani di “TerraVetro” 2020 e “Dunia” 2023- S’ARDMUSIC-EGEA, sono di Mauro Sigura.
Contatti: Personal e-mail: thecolouridentity@gmail.com https://www.maurosigura.it/contatti-2/
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