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aveva una strana luce negli occhi

di Alessandro Porri
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Pubblicato il 23/03/2017 12:01:14

E’ un lavoro duro fare il poliziotto, ancora di più quando fai parte dei reparti speciali del RAID francese, non ho mai sentito invece come un problema l’essere una femmina. A noi è richiesta un’immediata operatività, senza sbavature, due parole, un allarme e siamo immediatamente a bordo dell’elicottero che ci porterà velocemente sul punto dell’azione. Prima di poter entrare nei corpi speciali sono stata valutata attentamente, i miei parametri fisici e psicologici dovevano rientrare in dei criteri di giudizio ben precisi. Il termine “paura” non rientra nel nostro particolare vocabolario, il che non vuol dire che siamo pazzi avventati, altrimenti metteremo solamente a rischio la nostra vita e quella di chi ci conduce e segue nell'azione. Siamo invece guardinghi, non stacchiamo gli occhi dal punto sensibile, abbiamo le orecchie sempre dritte e immobili per captare anche il minimo rumore, pronti a eseguire i comandi appena sussurrati, spesso fatti solamente di gesti o di suoni sovracuti emessi da un fischietto non udibile dall'orecchio umano. Forse è giunto il momento che mi presenti, il mio nome è Diesel e sono un cane poliziotto. C’è stranamente molta tensione questi giorni e sono stata operativa già diverse volte; il mio collega guida è estremamente teso ed io, grazie alla mia speciale sensibilità, me ne sono accorta e anche se lui cerca di essere molto affettuoso, so che spetta a me il compito di coccolarlo in questi frangenti. Noi abbiamo un segreto tutto nostro, non dovrei neanche dirlo ma io posso vederlo in volto. Tutti gli altri miei amici cani poliziotto, quattordici per l’esattezza, non hanno mai visto la loro guida in faccia, gli agenti sono sempre coperti con un passamontagna proprio come durante un’azione, dicono che sia giusto così per abituarci e non spaventarci al momento di agire. Il mio collega invece, quando rimaniamo soli, si toglie tutto, mi sorride e mi tratta veramente da parigrado, sa benissimo che le nostre vite dipendono dall’affiatamento che ci lega.

E’ domenica, ma per noi poliziotti non esistono giorni di festa, infatti, ecco che puntuale arriva una chiamata. Sono un po’ stanca ma fortunatamente mi sono rimasti pochi mesi di servizio, la prossima primavera, dopo oltre cinque anni di attività, mi attende l’adorata pensione, già so però che il mio collega guida ha fatto domanda per potermi adottare e tenere con sé, se glielo concedessero, sarebbe veramente fantastico. Si parte direzione Saint-Denis, pochi minuti e saremo sul posto.

Ci sono scontri a fuoco e si sentono scoppi di granate, è una delle situazioni più complesse che abbia ma trovato durante le mie azioni, ma noi siamo addestrati a tutto questo, sappiamo come comportarci. Usando i nostri sensi dobbiamo capire se c'è qualche persona nascosta e poi studiare il sistema migliore per arrivare fino a questa e bloccarla. Ora cosa succede? Improvvisamente c’è una calma apparente, la situazione è anomala. La mia guida si avvicina, mi accarezza e mi dice a bassa voce:

-          Diesel preparati!

Io sono prontissima come sempre e aspetto il comando per entrare in azione. … eccolo, è il gesto del collega guida, incrocio il suo sguardo … ha una strana luce negli occhi, una luce che non avevo mai visto prima.

-          Ti voglio bene … Go!

Tutto attorno sembra scorrere al rallentatore, i rumori hanno una strana eco. Avanzo lentamente, c’è fumo, ancora mi ritorna in mente il suono di quel ti voglio bene, non mi aveva mai detto una cosa così prima d’ora.

Prima stanza, qui non c’è nessuno, andiamo avanti, ho fiutato qualcosa, oh mio Dio … Cos’è questo dolore? Non ero pronta a questo, non ci avevano minimamente preparati durante l’addestramento, vedo tutto appannato, devo trovare l’uscita per avvisare i colleghi del pericolo, vedo la luce là in fondo…

Un’esplosione, ancora un’altra, penso di stare letteralmente trascinando parti di me, devo uscire fuori, i miei colleghi sono in pericolo devo impedirgli di entrare. Eccolo è il mio amico, riesco a mala pena a far uscire un flebile respiro e cado ai suoi piedi.

Cosa ci faccio quassù? Ma quella là in basso sono io, il mio collega è su di me, si agita prova a fare qualcosa, ma io sono oramai morta. Sta piangendo, allora mi voleva proprio bene, anch’io, era il mio migliore amico, gli sarei comunque stata fedele fino alla fine, anche se avessi saputo prima qual era il triste destino che mi stava aspettando. Non dimenticherò mai quella luce nei suoi occhi, lui sapeva che era una missione ad alto rischio, ma è il nostro lavoro, siamo poliziotti noi. Vorrei solo avere la possibilità di dirgli che io sto bene perché ho fortunatamente scoperto che esiste il paradiso degli animali ed è bellissimo. 


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