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Il presente si può conoscere...

di Luciano Ferrari
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Pubblicato il 28/12/2007

DIE GEGENWART KANN NUR AUS DER VERGANGENHEIT VOLL VERSTANDEN WERDEN
(traduzione: ‘Il presente si può conoscere pienamente solo dalla conoscenza del passato’)

Esordio in stile mediano o comico in consonanza con le vicissitudini comiche o grottesche del paese: da un lato risuona e rimbomba il ‘vaffanculo’ dell’istrione genovese; dall’altro tuonano e tempestano i diktat ‘bulgari’ e affini; da un terzo, querula et lamentosa s’innalza la protesta di quanti non ‘arrivano alla quarta settimana’, da poco raggiunti dai questuanti in difficoltà alla terza; in mezzo, frastornata ed assente, s’aduna e disperde la massa dei responsabili del dissesto, non nuovi o innocenti, bensì discendenti dagli augusti avi, neppure accortisi di cosa stavano preparando ai degni figli e nepoti.
Era tutto cominciato, per non risalire più addietro nel tempo, con le gloriose e fatidiche giornate del risorgimento, allorché l’’espressione geografica’, non contenta di rimanere tale, smaniò per collocarsi a lato degli stati meglio organizzati d’Europa, inappagata dalla solfa clima-spaghetti-mandolino, dacché ancora priva ahilei, del ‘sole mio’, ingrediente di unicità…universale.
Tra entità sovraregionali si dividevano il territorio dello stivale, assieme a una miriade di entità minori, rissanti o sempre o spesso per una striscia di terra, le fronde di un albero, l’alveo di un rigagnolo, un mucchio di letame.
A cosa si lascia persuadere, dagli occhiuti futuri beneficiari, il vulgo disperso che nome non aveva? A cacciare, dei tre sovrani, il più illuminato, con scritte e celebrazioni, a vantaggio di quello che il ‘più’ aveva in settentrionalità e occidentalità e basta, nel resto meritando il periodico ‘meno’.
Ciò lassù tra i discendenti dei Celti; al centro fu la buffonata del referendum, riservato al 2% dei cittadini, però valso a imporre a tutti la sottomissione al regno estero; a cacciare i Borboni dal sud avrebbe provveduto un nizzardo, accompagnato da un migliaio di camicie rosse, presto relegato tra le capre di un’isoletta sarda.
Fame, emigrazione, nessuno arrivava ai primi giorni della settimana, motivo bastante per i Celti a inaugurare un ventennio di manganellate e purghe, durante il quale, l’eroismo della stirpe rifulse nella gasificazione delle ‘faccette nere’, nell’appoggio al falangismo spagnolo, nell’assalto alla Francia sottomessa ai nazisti, nello spezzare le reni alla Grecia…e culminata con la indimenticabile fuga dell’Otto Settembre…
Quindi un cinquantennio di regime clericale, interrotto, al destarsi dei giudici dal deontologico sopore, con la finzione ‘mani pulite’, esilarante trovata volta a indirizzare gli immarcescibili ladri, connaturali alla razza, a continuare i furti in maniera meno palese, ossia più accorta.
Non vi accenneremmo ove non ce ne avvisasse la dizione ‘Partito delle Libertà’, che ci ha a lungo fatto pensare, in quanto, abituati alla riflessione filosofica, ritenevamo il singolare, libertà, bastevole ad esprimere il concetto: nel passaggio al plurale vuoi vedere che è compresa anche la peculiarità della razza, non dimentichiamolo, apparsa alla storia con due gesta del genere:
- il ratto delle Sabine
- l’abigeato di Caco ai danni del grande Eracle
Pervicaci cultori della poesia dantesca, prima dell’odierna moda, ci rassicura l’antagonista della falange libertaria, capeggiata dal preclaro discendente e consanguineo della bestia destinata a rimettere nell’inferno la lupa, sortitane a causa della bramosia, tipica della ‘gente nova’ e dei ‘subiti guadagni’.
Nel quattordicesimo secolo era un ‘veltro’? Beh, tempi di edenica compostezza, non paragonabili al dissesto odierno; ergo, non la singolarità dell’unico braccatore, bensì un nutrito numero di congeneri e di dimensioni maggiori, donde l’accrescitivo, nel rispetto della grammatica, da declinare al plurale: veltroni.

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