Pubblicato il 16/10/2015 22:24:16
Amache di muse insolenti
Torme di sogni avvolgenti mi fasciano il risveglio, così fragorosi che il caffè non riesce a ricondurmi lungo la camionabile del giorno feriale. La teoria del tutto si frange nel mistero delle occhiaie, nei riflessi conturbanti della notte che si cullano nella mente come amache di muse insolenti.
Quello che sono, quello che siamo, è un immenso sfiorare un’oscura prospettiva, è uno sciabordio rifluito sugli scogli, è un sorriso svezzato sullo zigomo asciutto, è il formicolio ventricolare di un cuore che si contrae verso un’altra arteria, è il dolore che si toglie il pastrano e riscrive la prefazione dell’alba, è la crudeltà che si ostina a superare l’istinto primario, è la generosità partorita nei margini obliqui, nei sobborghi funambolici dello spirito. Tutto quanto tenta d’essere conosciuto, rimane pencolante nella corteccia cerebrale, nella crisalide del mistero germinale.
Sulla scena del crimine sull’ascisse del bacio invano si cercheranno le impronte digitali della coscienza, invano la mucillagine del dogma imbastirà nuovi banchi dei pegni dove comprare false occasioni, senza riuscire neppure a spiegare l’indugiare di una lacrima ossea sul vetro del primo imbrunire.
Accolti nel cosmo insoluto non possiamo tracciare al dettaglio la mappa rupestre dell’anima, ma dobbiamo continuare a remare nella stanza gremita, fino a distillare il tubare indistinto delle preghiere, fino a portare a spiraglio la nostra veggenza corporea, fino a portare ad amore la nostra ostinata esistenza.
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