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Dell’ancella di Sekhmet

di Raffaele Sergi
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Pubblicato il 25/06/2015 03:21:48

XVI fantasma.
Dell’ancella di Sekhmet

Avrà te, la strada di bianchi ciottoli,
in un ritmo feroce,
macchine ferme porteranno corpi
all’orizzonte e il sole perfetto
avrà allora le sue ombre di sempre,
il sole sarà l’unica pietra del mondo possibile,
l’unico grido noto.

In quell’unico grido è il tuo occhio,
marmo immobile nel nulla è la tua fronte,
un pulsare ancestrale nel corpo
scolpisce nuovi segni d’orrore
sulle tue pupille lucide:
tutti gli ingranaggi sono distrutti
e i cristalli tagliano l’aria.

È un gioco di vortice che continua a girare,
ogni cosa vedi distrutta,
ogni cosa porta l’odore della morte e tu
sei una macchina che vibra, che volteggia, che vola:
sai dirmi da quale recondita gabbia aneli di fuggire?

Se tu non sarai l’uccisa,
se tu sarai vittoriosa
io ti scorgerò ovunque,
in ogni luogo, sotto ogni pietra,
in qualunque cumulo di macerie...
Adesso, dall’alto, uomini bizzarri
con grandi fucili sparano sulla folla assente,
con grida di gioia solenne.

Teste infantili vengono falciate
nelle vetrine dei negozi,
dentro quest’unico ritmico
rumore di martelli che ascolti,
cervello e cuore degli uomini
l’accompagnano ripetutamente,
altro non sei che piena angoscia,
tu che corri all’infinito.

Lo sguardo è ormai segno fossile, l’aria è gelo,
solo case distrutte e pezzi di corpi osservi nella piana;
sei una macchina che vibra, che volteggia, che vola:
sai dirmi da quale recondita gabbia aneli di fuggire?

Dove corri, dove spieghi il tuo destino terribile?
Quante rivoltelle si sono portate a una tempia,
quanti hanno fermato il loro dolore perpetuo...
E tu ancora corri, ancora trascini il corpo nudo!

Guardati dunque all’estremo traguardo del percorso:
ghiaccio è il cielo, un’onda di buio e di luce piegata,
terrore trionfante senza volto alcuno,
solo pietre esplose, occipiti, mascelle,
frammenti di vetro e rottami inutili.

Ti possiede la strada di bianchi ciottoli,
ti assorbe il cielo: vuole farti parte di sé,
fermarti nella sabbia grigia;
sei una macchina che vibra, che volteggia, che vola:
sai dirmi da quale recondita gabbia aneli di fuggire?

8 dicembre 1978

da "I fantasmi di Sodoma"


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