Arthur Rimbaud- Ann Demeulemeester
A Nando
Emanuele Severino ha detto dell'arte: un coperchio sull'abisso.
Noi, così come siamo nella nostra illusione
di scegliere di muovere una mano oppure no,
siamo uomini, abitatori della terra, tutti.
E.S. dice anche che noi siamo da sempre salvi,
tutti, indistintamente:
il genio, il santo, l'assassino, l'impiegato di banca,
noi qui alla Recherche, gli etero, i gay, i plurisessuali,
i killer seriali, i drogati di smartphone, di tablet e di altro.
Tutti. Anche i poeti.
Che sono, pure loro, abitatori della terra.
E da sempre, pure loro, salvi nella luce della Verità
che è Gloria.
E questa Gloria che è Gioia inimmaginabile,
per ora
abita un altro cerchio dell'eterno apparire,
che è nel Destino della Verità che appaia.
A me tutto questo suona bene e,
nonostante Severino parli di una distanza abissale
tra questo Destino della Verità e le religioni -
come per esempio il Cristianesimo -
a me sembra anche che le parole di Gesù non si scostino molto -
anzi proprio per niente -
dalle sue, che non sono, come lui stesso dice, sue,
ma appartengono al Destino della Verità
che è la necessità del suo eterno apparire.
E a questo Destino della necessità tutto appartiene,
anche questo quotidiano nostro scegliere e operare -
moralmente doveroso da parte nostra che,
anche se abitiamo ancora l'errore della fede nel divenire
adesso rappresentato dalla dominazione della tecnica
che sta però tramontando,
siamo già da sempre nella luce della Gloria.
I poeti, come tutti gli artisti e, credo,
tutti i veri scienziati e studiosi e filosofi e gelatai e spazzini,
nello scrivere poesie o fare bene quello che fanno,
tentano un'uscita dal divenire,
colgono già barlumi dell'eterno/regno dei cieli/brahman/assoluto.
Sperimentano la Gioia di Essere.
Che è, mi sembra, quello cui alludeva Gesù,
al quale non credo importasse nulla della famiglia,
o di come si fa sesso, o se uno si sposa con una donna o con un uomo.
Ma ci diceva di essere nell'Io Sono.
E a me personalmente questo sembra già appartenere alla Gloria.
Anche se noi, per ora, viviamo in un errare.
Tutti.
Rimbaud siamo noi.
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