E un altro angelo uscì dall’altare, il quale
aveva potere sul fuoco, e chiamò
a gran voce colui che aveva la falce affilata,
dicendo: prendi la tua falce affilata, e
raccogli i grappoli della terra;
perchè sono mature le sue uve.
Apocalisse: 14-18
Ascolta le indeterminate parole:
Chi sa di te? Chi eri ancora?
Arrivi una volta e penetri fugace per sempre.
Da sola la tua luce fredda impregna, nella chiara gestazione
del cielo e sia lodato il tuo spirito nel fuoco celeste.
In questa piattaforma di innumerevoli ombre,
quale sei?
Né tu né io lo sappiamo. Ma dimmi,
ancora prima di essere segno:
perchè è risuonata la voce di Dio da dove ti stendi
e ha trattenuto la prima coppia tra le foglie volanti?
Che ne sarà del mio dolore senza un’eternità?
Oh, fuoco! Alza la tua fronte avversa
alla solitudine che ci porta le prime angustie,
alle clementi luci, tremanti, nell’aria,
allora per me esisti soltanto in una veste,
poichè tra di noi, con la tua demenza forse,
mi rendi il tuo intercessore.
Terminerai, inconsolabile, una breve scala d’oro,
in modo tale da far giungere fino a me gli angeli accesi.
La tua colpa è sola, si sostiene, si sente appena
portandoci il sangue tra gridi e catene,
ed è uno spingersi di danze, di canti e banchetti,
dove si vedono coloro che stanno davanti,
non quelli dietro.
(vv. 1-25)
Quando gridi disperatamente sopra un tumulo,
Dio stringe l’alterazione della sua febbre,
ed iniziano le scariche dei temporali
per scorgerci nei solstizi.
Io so che la luce è uguale: uccide con ostinazione,
e ammettiamo, fratello fuoco, il baratto
delle grandi radiazioni
di quella luce che torna alla terra in meno tempo
dell’allodola;
chi può adesso raggiungerti ancora non lo sa dire,
per l’integrità delle anime che mi causano terrore
mentre inseguo i tizzoni ardenti dei fuochi fatui,
quando qualcuno guarda oltre le bestie ferite
nell’ora degli afflitti, per correre più in fretta.
È che tu tocchi una chiave che arde,
interrompi un concerto, molte volte, di voci.
E la casa, dov’è? Vola. Lei non ci appartiene.
Così sono sicuro che si allontana, puoi parlarmi:
ora che loro sono qui, che non c’è nessuno con me
e la tua vita e la mia continuano in silenzio,
verso una meta,
dalla sveglia dell’orto all’andare a dormire del giorno, nel crepuscolo.
Salgo e vado come un uccello enigmatico e cupo
a cercarla in un regno.
Ascoltiamo formarsi un atto nel fuoco delle arie.
(vv. 99-123)
(Traduzione di Manuel Paolino)
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