Hannah Arendt, all'atto del processo ad Adolf Eichmann, aveva 55 anni, la stessa età dell'imputato, ed era nota come filosofa e teorica politica.
Ebrea tedesca, laureata in filosofia era stata legata al suo maestro Martin Heidegger.
Nel 1933 all'avvento del nazismo riuscì a fuggire dalla Germania e dopo varie peregrinazioni europee si stabilì definitivamente nel 1941 negli USA.
L'analisi delle dittature era una delle sue passioni: nel 1951 aveva infatti pubblicato “Le origini del totalitarismo” incentrata su stalinismo e nazismo.
La sua lettura del processo era stata veramente laica e la pubblicazione dei suoi articoli nel febbraio /marzo del 1963 aveva scatenato l'ira dello Stato d'Israele.
Adolf Eichmann era stato catturato dal Mossad in Argentina, nel 1960, dove viveva sotto falso nome con la sua famiglia.
Il libro distrugge non solo il mito delle granitiche SS, visto che Himmler, senza consultare Hitler, smobilita precipitosamente l'apparato di sterminio e altro per essere pronto alla trattativa con i vincitori...
Ma pure l'immagine dell'efficienza teutonica ne esce a brandelli nella descrizione di una serie di apparati burocratici in lotta fra loro per la supremazia politica!
Sbaglia chi pensa che la “banalità del male” sia un'analisi psicologica del personaggio Eichmann, si tratta invece principalmente dello studio dell'anima del popolo tedesco e di come resse e supportò il tragico periodo hitleriano, abbeverandosi di slogan, per 12 anni.
Perché, la Arendt lo spiega un intero capitolo, il dovere del cittadino tedesco è di essere ligio alla legge.
Aggiungendo come la lontananza dalla realtà e la mancanza di idee sia più pericolosa degli istinti malvagi perché impedisce di capire ciò che si sta facendo.
Per quanto riguarda l'imputato si tratta, sempre secondo la Arendt, del carattere istrionesco di un burocrate frustrato per non aver raggiunto il grado di colonnello. Privo di ogni personalità, per il quale, come per il popolo tedesco, risultava inconcepibile non obbedire agli ordini. Qualunque fossero!
Come un qualsiasi postino!
Eichmann, da bravo apprendista si era ben documentato sul problema ebraico diventando presto uno dei pochi “esperti” del problema.
Prima del blocco totale dell'emigrazione, nell'autunno del '41, fece partire almeno 3.500 ebrei. Perché bisognava aiutare gli ebrei tedeschi ad andarsene (Madagascar, Palestina ecc..).
Quando però Hitler dette il via alla “soluzione finale” si trasformò immediatamente nel “signore della morte”.
Durissima la parte che analizza la collaborazione ebraica anche nella parte terminale del rastrellamento, perché all'inizio i sionisti credevano fosse addirittura possibile un accordo col regime! (Sarebbe bastato leggere Mein Kampf per capire il finale del percorso).
Ci sono poi 4 capitoli che analizzano per i vari paesi europei le modalità di attuazione delle deportazioni ed il conseguente invio verso lo sterminio. Importante è vedere la differente obbedienza delle varie nazioni agli ordini hitleriani.
L'Italia viene definita non antisemita perché attua solo sulla carta le leggi razziali e tergiversa non inviando i suoi ebrei, fino a quando i tedeschi, a seguito della della caduta del fascismo, invadono l'Italia e attuano completamente, con gli obbedienti fascisti, le leggi razziali.
Altrettanto importante alla fine è la questione se la corte di Gerusalemme avesse soddisfatto la domanda di giustizia dell'umanità o se per fare questo si sia processato nel 1961 solo il “simbolo” Eichmann, poi giustiziato nel giugno del '62, quasi a sanare l'enormità del male patito.
Per questo, scatenando feroci polemiche, l'autrice si chiede se Israele ne avesse titolo, perché il suo non era, a differenza di Norimberga, un tribunale internazionale atto a giudicare il crimine verso tutto il complesso degli esseri umani.
Dal libro emerge la profondità e complessità di pensiero della filosofa Arendt e il suo sviscerare a fondo qualunque questione per cercare di capirne la genesi e l'evoluzione.
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