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Il magnifico nesso

di Federico Zucchi
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Pubblicato il 20/05/2015 20:53:10

Il magnifico nesso

Avete drogato dio e
l’avete posto a guardia
della vostra ferocia.
Gli avete tagliato un orecchio
per far capire che non scherzate
quando dite noi verremo.

Maestri di mitra
ammaliate di morte la sabbia,
bramate immensa ricchezza
dai vostri santuari di rabbia.
Come allibratori vi aggirate
intorno alle vesti scollate,
soppesate la carne
separate il puro dall’impuro
perseguite il polso scoperto
temete l’incavo dolce del mondo.
Sapete come assaltare
questo stremato occidente
così arrogante nelle propaggini
da far pensare che nemmeno
l’infarto possa curarlo.

Prima di voi
vennero altri profeti
a caricare d’odio l’erba.
Altri assassini si fecero accanto
per innalzare alture di corpi
trafitti alle tempie.
Ma nessuno riuscì a sradicare
la copiosa bellezza
cresciuta nei cuori canori.
Invano i fori dei proiettili
continuano ancora a scrutare
l’estensione dell’anima.
L’odore di sambuco si muove
sul dorso minuto dell’ape.

Nomadi assoldati dal cielo stellato
e yazidi dai corpi di noce divelta,
uomini chini sul tappeto di culto
e vecchi copti murati nel sole,
stanchi operai sul carrello elevatore
e giovani donne dal seno esultante,
dondolanti ebrei dai piedi di culla
e malati terminali sull’arena del letto,
ragazze sfiancate d’arsura ad Asmara
e padri imploranti una pioggia più fioca,
tutti voi e tutti gli altri passanti, voi
che avete salvato qualcosa di chiaro,
alzate la voce e correte a riempire gli orci
degli sguardi, lasciate che il canto
che avete raccolto cresca nell’altro,
rimboccate la covata della luce
affinché più al centro
si sposti
questa schiva speranza.

C’è bisogno di voi là fuori
perché difendiate
quel fragile nesso
che ci vuole fratelli
d’altri esseri umani.
Perché le ossa dei morti
non piangono in inglese,
perché il fumo dei villaggi incendiati
volge al nero ogni intonaco azzurro,
perché la paura lambisce ogni fessura
e la fame non conosce
umana premura.

Se davvero vogliamo
comporre l’immenso,
non possiamo lasciare
che il nesso si smorzi.


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