Pubblicato il 19/07/2010 17:29:00
Nel corso della lettura della Recherche si incontrano numerosi personaggi, alcuni diventano protagonisti, col Narratore, dell’intera Opera, altri restano un po’ sullo sfondo, quasi fossero delle comparse, radunate per riempire i salotti durante le feste o per animare la sala di un ristorante o il ridotto di un teatro. Di molti di questi personaggi l’occhio vigile e l’arguta penna di Proust danno una descrizione minuziosa ed arguta, tanto che, incrociando la descrizione fisica con quella - ancor più arguta – delle cartteristiche psicologiche, la quasi totalità dei lettori riesce a costruire nella propria mente i tratti delle persone che affollano la Recherche, dal giardino di Combray dell’infanzia di Proust, sino alla malinconica passeggiata negli stessi luoghi narrati nel Temps retrouvé. Molti lettori si saranno immaginati la baldanza del barone di Charlus o la leggiadra eleganza di Oriane de Guermantes,magari mescolando ai tratti disegnati da prosut quelli di qualche persona conosciuta che ricalca un poco i modelli del romanzo. Come è noto tutti i personaggi della Recherche hanno un doppio nella vita reale, tutti dalle altezze ai lacchè sono stati plasmati su persone vere, in carne ed ossa, incontrate dall’autore durante la sua vita. Grazie all’immortalità dell’opera proustiana ognuno di noi può ancora familiarizzare coi vezzi di Charles Swann, o sorridere agli strafalcioni di Françoise, ma pochissimi, se li potessero incontrare in un salotto o lungo la strada, potrebbero riconoscere Charles Haas o Celeste Albaret, divenuti una sorta di imbottitura che conserva le fattezze dei personaggi “autentici” ma l’azione della memoria proustiana e della fantasia del lettore ha reso irriconoscibili. Chi è dunque autentico e chi no? Per un lettore della Recherche autentica è la duchessa di Guermantes, o Robert de Saint-Loup, ovviamente ma per la vita reale, quella che ha alimentato coi suoi rivoli l’onda di piena della Recherche, veri sono la contessa Greffulhe o il tenente Armand-Pierre de Cholet. E finalmente li si può incontrare nel loro fasto o nell’austerità dell’uniforme, in questa sorta di galleria, che raccoglie le foto di Nadar, il fotografo dei VIP dell’epoca. Quando ci si accontentava di ritrarre le persone in posa, con gli abiti migliori e mai e poi mai si sarebbero fatte foto atte a screditare i personaggi, anzi, con ingenui trucchetti li si cercava di far apparire un po’ meglio, magari velando qualche ruga e dando una luce meno terrea a certi visi, ma, si sa, la delicatezza di un tempo si è perduta nei meandri della mercificazione di corpi e delle loro immagini. lasciamoci quindi sedurre da questa belle foto che immortalano, e consegnano all’eternità, al pari della Recherche, il mondo amato da Proust, la sua famiglia e le sue amicizie,talvolta ripresi in ingenui passatempi, come i tableaux vivants, o in maschera per una festa. Ed ognuna di queste immagini – con la sua inappuntabile didascalia - è in grado di rievocare passi dell’opera proustiana e farci vedere com’erano veramente le persone. per esempio la nonna/mamma della Recherche, che nella vita reale era Jeanne Weil, madre di Marcel e Robert, che io mi sono immaginato per anni come una minuta vecchina, dalla crocchia canuta (e tanto sorprendentemente simile alla mia nonna paterna), apparire come una robusta matrona dai capelli scuri ed un bizzarro neo sul mento. Non mancano persone che nella Recherche, sono rimasti dietro le quinte, come Gaston Calmette, a cui Proust dedica il primo volume della sua Opera, Reynaldo Hahn, amico intimo di Marcel per tanti anni, Alfred Agostinelli, con l’inseparabile vettura, che tanto peso ebbe nella creazione di Albertine e così via. Un volume molto interessante, che ricostruisce il gusto e l’atmosfera di un tempo, che se Proust non avesse “ritrovato”sarebbe andato irrimediabilmente perduto, perché anche la bellezza di queste foto, si veste di fasto ed importanza grazie alla Recherche, senza di essa sarebbero vecchie foto di lontani parenti, magari ambite dai collezionisti, è l’opera di Proust a dare loro una tridimensionalità che le fa vivere attraverso il tempo, e le riveste di una importanza che forse Nadar non si sarebbe aspettato. è la luce di Marcel Proust che lungo gli anni illumina le vite e le effigi di questi personaggi,così come continua ad illuminare le menti ed i cuori dei suoi lettori.
Il libro si apre con una nota di Pierre-Jean Rémy de l’Académie Française, a cui segue, a cura di Anne Borrel un breve saggio sul mondo di Proust in rapporto a quello effigiato da Nadar. Prima della galleria fotografica trovano posto nel volume due brevi saggi, uno specifico sul fotografo Nadar e il ritratto fotografico e l’altro sull’arte del ritocco, spesso effettuato con mezzi meccanici o giochi di specchi e luci, nell’epoca dominata da Photoshop il tutto fa sorridere ma i risultati erano davvero sorprendenti, e, soprattutto, naturali. La raccolta di fotografie è suddivisa in cinque sezioni, si parte naturalmente dalla famiglia Proust e il loro entourage, si passa – come nella Recherche – alle frequentazioni mondane e alla sezione “Art set lettres”, e i confini tra le due sembrano più labili di come appaiono su carta, basti pensare alla contessa de Noailles, degna rappresentante di entrambi i “mondi”. Chiudono la carrellata il capitolo “Balse t scene”, una interessante passeggiata tra i famosi balli in costume tanto cari all’aristocrazia dell’epoca; chiude la raccolta uno sguardo sulle dimore, scenario naturale di tante pagine della Recherche che ci appare in tutto il suo splendore e la gustosa ricercatezza. L’edizione è molto ben curata, tutte le foto sono di grande formato, riprodotte molto nitidamente su carta patinata, e le didascalie che le accompagnano chiare ed esaurienti.
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