Pubblicato il 15/11/2012 17:12:37
Il poeta esprime la rabbia e l’orgoglio di essere poeta, nella consapevolezza di non confondersi tra le tante velleitarie “prime donne”, tra quelli che “fingono malamente / di essere vivi”, facendo del presenzialismo e dell’abuso carrieristico gli strumenti per ottenere il successo, la consacrazione, la fama. Credo, invece, nell’invisibilità creativa dei poeti, quasi parlassero da un’altra dimensione, da un altro luogo, senza esibirsi, senza la spettacolarizzazione di sé e della propria parola (quella compiaciuta, “che squadri da ogni lato / l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco / lo dichiari”, secondo Montale), ma con la misurata e nobile coscienza di non essere e di non volere, per dare più credibilità e consistenza alla funzione di testimonianza e ricerca della verità della poesia, lontano dalla pletora e dal rumore, confidando che l’ispirazione sembri essere più benevola e generosa, procurando il desiderio di dire poeticamente il mondo, di mettere la vita in versi, per usare la felice definizione di Giovanni Giudici. (2005)
(tratto da www.faronotizie.it)
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