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Donne delinquenti. Storie di streghe, eretiche, ri

Argomento: Politica

Articolo di Monica Di Bernardo 

Proposta di Gian Maria Turi »

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Pubblicato il 22/10/2012 23:01:51

La lettura del testo di Michela Zucca "Donne delinquenti" coinvolge e appassiona sin dall'inizio. E' un testo denso e ricco di riflessioni interessanti che si legge tutto d'un fiato, alla ricerca del filo della memoria custodito dalle donne nel corso dei secoli, tramandato attraverso antiche storie minuziosamente raccolte dall'autrice e collegate con altre fonti. 

L'obiettivo che la ricerca condotta da M. Zucca si propone è quello di ridar voce a coloro a cui è stata tagliata la lingua, quelle donne "contro" - streghe, eretiche, ribelli, rivoltose e tarantolate - protagoniste invisibili perché volutamente cancellate dalle pagine della storia. Si tratta di un compito arduo e difficile dal momento che le "donne delinquenti" non hanno potuto usufruire dei percorsi attraverso i quali le vicende storiche si tramandano e arrivano fino a noi. Inoltre, le esili tracce che hanno lasciato di se stesse, ci sono giunte attraverso il punto di vista degli autori dei documenti che le riguardano, quasi sempre uomini. Pertanto l'autrice, storica e antropologa, cerca di ricomporre una trama di cui sono rimasti solo alcuni frammenti sparsi e per far questo si avvale delle risorse di diverse discipline. Utilizza e confronta diverse tipologie di fonti, da quelle tradizionali - documentarie e iconografiche - alle più disparate come quelle mitiche, leggendarie, orali e archetipe. Si tratta infatti, come spiega nella prima sezione del testo, di una innovativa ricerca di storiografia antropologica che applica alle donne le categorie metodologiche dell'antropologia storica dei marginali, nel tentativo di decifrare non solo ciò che nei documenti è scritto, ma, ancor di più, il non detto, il senso che molto spesso si nasconde dietro alle parole e che può aiutare a ricostruire la flebile voce di quelle protagoniste, nascoste tra le pieghe della storia ufficiale. 

Un testo degno di attenzione, dunque, che costituisce una summa delle ricerche inerenti la storia della stregoneria e fa riferimento, in particolare, agli studi di alcuni autori: Carlo Ginzburg che identifica la religione delle streghe con un culto sciamanico di carattere estatico e prima di lui Margareth Murray, la prima antropologa che negli anni trenta considerò le credenze delle streghe come una vera e propria religione. All'interno di un'unica ipotesi di ricerca - quella della ricostruzione di una cultura delle donne - sono due gli argomenti che rappresentano i fili conduttori all'interno delle diverse sezioni in cui il volume si articola: il ruolo della donna selvaggia come custode della memoria e il filo rosso della rivolta di cui le streghe si fanno portavoci.

Attraverso la comparazione di diverse fonti l'autrice dimostra l'esistenza, nella società preindustriale, di una civiltà sciamanica precristiana per un certo periodo parallela alla cultura urbana e poi in contrasto con quest'ultima. Le donne "contro" e le streghe, in quanto custodi di questa antica cultura, combatterono a lungo contro il potere per evitare l'assimilazione culturale. In tal modo si crearono le premesse per il legame tra stregoneria e sovversione sociale. Dunque quelle donne tenaci e appassionate - le cui vicende così bene l'autrice riesce a rendere in alcuni passi del testo - avrebbero tentato con tutti i mezzi di difendere il proprio prezioso sapere; è affascinante l'ipotesi che l'autrice sostiene nel testo, cioè il fatto che ci siano almeno in parte riuscite, nonostante le persecuzioni subite.

Di particolare interesse è, infatti, il percorso di ricostruzione di una cultura specificamente femminile, che si snoda all'interno dei diversi capitoli. All'inizio l'autrice si occupa del ruolo delle donne nelle comunità arcaiche e nelle società tradizionali. Si scopre così che queste ultime rivestivano allora un ruolo tutt'altro che marginale in quanto amministravano il rapporto col sacro e con le forze della natura. In particolare si occupavano di officiare un culto tipicamente femminile, animista e panteista, dedicato alla grande dea madre e praticato nei boschi e sui monti attraverso forme rituali orgiastiche. 

Durante i riti, le donne compivano atti per favorire il ciclo di nascita-riproduzione-morte per tutti gli esseri viventi, in modo da assicurare la sopravvivenza della comunità. Tale culto, in seguito, sarebbe stato demonizzato dalla Chiesa e dal potere secolare. In tal senso il Concilio di Trento costituì il momento di rottura che sancì l'eliminazione della cultura arcaica attraverso la caccia alle streghe, le sacerdotesse di quel culto divenuto diabolico, e la distruzione delle foreste, l'habitat che custodì e diffuse quelle antiche credenze. 

Suggestiva è la ricostruzione delle storie di vita di alcune streghe e donne "contro", depositarie di quell'antico sapere, e la ricerca delle tracce dell'antica religione animista attraverso le testimonianze raccolte tra gli abitanti delle montagne (Alpi in particolare ma anche Appennini e Pirenei). 

E' particolarmente importante soffermarsi sulla sezione in cui l'autrice opera una vera e propria rilettura della storia della società preindustriale e delle origini della società moderna secondo un'ottica di genere con la quale evidenzia come, attraverso le persecuzioni e i roghi, le matriarche siano state espropriate del loro antico sapere, private del ruolo di mediatrici con il sacro nonché di leader carismatici della vecchia società. In tal modo le donne sarebbero state ridotte a semplice strumento di riproduzione della specie per garantire forza lavoro alla nascente società industriale. Tuttavia tra le tribù delle montagne l'antica religione sarebbe sopravvissuta, nonostante le persecuzioni, attraverso i racconti delle donne durante le veglie, i raduni intorno al fuoco nelle lunghe notti invernali. 

Secondo l'autrice in alcuni luoghi, tra le montagne, si conserverebbero ancora oggi talune credenze e riti risalenti alla religione atavica. Di grande interesse è anche il prezioso apparato iconografico che accompagna il testo e raccoglie, attraverso foto scattate dall'autrice e da suoi collaboratori del Centro di ecologia alpina, testimonianze di espressioni artistiche popolari che illustrano in modo particolarmente efficace l'immaginario degli abitanti delle montagne, così profondamente legato all'antica cultura delle matriarche.

Un ricerca dunque, quella compiuta da M. Zucca, ricca di suggerimenti di riflessione e di ipotesi di ricerca da approfondire. Un testo che emoziona e coinvolge il lettore in modo particolare perché permette di ripensare e di interpretare secondo un'ottica di genere le origini e l'immaginario della società moderna. Un volume da leggere per diversi motivi: in primis perché sottolinea quanto sia importante una rilettura della storia secondo una prospettiva di genere e, di conseguenza, un insegnamento della disciplina storica secondo tale prospettiva (cosa che manca del tutto all'interno dei programmi scolastici); in secondo luogo perché la riscoperta della cultura femminile può esserci d'aiuto soprattutto in questo particolare momento storico in cui è necessario recuperare un rapporto empatico con la natura e con l'ambiente che ci circonda per favorire uno sviluppo sostenibile.

Percorsi di lettura suggeriti dal testo:
Carlo Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Einaudi, Torino, 1989
Clarissa Pinkola Estès, Donne che corrono coi lupi, Frassinelli, Milano, 1993
Georges Duby, Storia delle donne. Il Medioevo, Laterza, Roma-Bari, 1990
C.G.Leland, Il vangelo delle streghe, Stampa Alternativa, Viterbo, 2002
Jules Michelet, La strega, Einaudi, Torino, 1980
Margaret Murray, Le streghe nell'Europa occidentale, Garzanti, Milano, 1978


(http://www.url.it/donnestoria/testi/recensioni/mberzucca.htm)


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